Fright Night - il vampiro della porta accanto, la recensione

Scordatevi che è un remake, Fright Night è un film ripensato dalle fondamenta e bene. Una delle poche action comedy che sa vincere anche sul terreno della metafora. E in 3D

Critico e giornalista cinematografico


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Se dovessimo sconfinare nella saggistica e stilare un vero e proprio manuale del remake perfetto di questi anni in cui il cinema americano ci ricopre di rifacimenti, Fright Night meriterebbe un posto d'onore nel capitolo "Esempi da seguire".

Basato sull'orchestrazione generale di Ammazzavampiri (esordio di Tom Holland) ma completamente riscritto nelle dinamiche tra personaggi da Marti Nixon (una che sceneggiava Buffy e che si è dilettata con roba tipo Mad Men, ma mostra di saper giocare metacinematograficamente con il fatto che i vampiri sono di moda) e infine diretto con sapienza, senso dell'equilibrio e straordinario ritmo da Craig Gillespie, già regista di Lars e una ragazza tutta sua, Fright Night è il risultato dell'equazione perfetta, corredato da un 3D rigoroso, ben fatto e coatto con tutto il suo corredo di fuoriuscite dallo schermo che riescono a lanciare oggetti in faccia agli spettatori senza farlo sembrare un espedientucolo. E non è poco.

La verità è che Fright Night riesce davvero a stare con un piede nel passato e uno nel presente. Da una parte recupera con efficienza lo spirito anni '80 di una action comedy con protagonisti teenager, tanto leggera quanto seria nel suo essere d'intrattenimento e voler mettere in gioco paure, strazi e questioni determinanti per il modo adolescenziale. Dall'altra cambia tutti i rapporti di forza tra personaggi per inserire lo script nel solco dell'evoluzione contemporanea delle figure eroiche, riuscendo anche a mettere da parte Colin Farrell, straordinario finto-protagonista che guadagna il trono del carisma ma invariabilmente, come tutti i cattivi che si rispettino, si mette al servizio di una storia più importante e determinante, quella che gira sulla faccia da nerd rinato di Anton Yelchin.

La scoperta di un vampiro dietro casa (che sorprende per quanto arrivi presto nel film) e la grande avventura del disperato tentativo di eliminarlo per non esserne eliminati è tutta centrata non tanto sulla storia d'amore "impossibile" tra l'ex sfigato redento e la sua inspiegabilmente fica e popolare ragazza (talmente tanto che se ne stupiscono anche i suoi amici), quanto sulla cesura inevitabile che si crea nel momento in cui i rapporti di amicizia virile tra nerd, stretti e puri al limite del morboso (come raccontato benissimo da Superbad), si scontrano con la necessaria e impari entrata in gioco di altri rapporti sentimentali ugualmente indispensabili che richiedono profondi ripensamenti: quelli con le ragazze.

Non siamo insomma dalle parti dello stucchevole e celebrativo Sono il numero quattro (anch'esso scritto da Marti Nixon), in cui un protagonista con il solo problema di quale ragazza scegliere (e il passato tormentato che si conviene) diventa ancor più desiderabile ricevendo in dono una vita avventurosa, ma più da quelle di Disturbia o ancora del Corpo di Jennifer, in cui l'avventura non è il fine ma il mezzo per far esplodere esteriormente conflitti e tensioni che nella vita normale implodono interiormente.

Ideare e orchestrare lo scontro del secolo tra umani e vampiri con ritmo e intrattenimento, utilizzare il morso, il contagio, il passaggio dalle forze del bene a quelle del male e la necessarietà di scegliere chi e come eliminare "fisicamente" tra amici (uno straordinario Christopher Mintz-Plasse, il re di questi ruoli!) e ragazza, riuscendo a renderlo grandissima allegoria è veramente il risultato più alto cui un film di questo genere può aspirare, e Fright Night lo raggiunge.

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