Cloud Atlas, la recensione [2]

Il film di fantascienza più costoso della storia del cinema tedesco, corredato da star americane, diretto da Tykwer e dai Wachowsky. Un pasticcione tempestato dalle migliori intenzioni

Critico e giornalista cinematografico


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Leggi la prima recensione, scritta da Andrea d'Addio

La sola idea di un film di fantascienza realizzato in Europa e in maniera indipendente, che sia il più costoso (dunque quello pensato più in grande) di sempre, è stimolante. Che il progetto venga da un cineasta interessante come Tom Tykwer non fa che aggiungere fascino e tutto è completato dalla scrittura e la co-regia a tutti gli effetti dei fratelli Wachowski. Purtroppo però Cloud Atlas muore subito, nei primi minuti, immediatamente privo di quella chiarezza d'intenti che sarebbe auspicabile in simili contesti e la sua agonia si trascina per quasi 3 ore.

Pensato per essere una film corale molto moderno, in cui i diversi personaggi non sono uniti da una contingenza (tutti in un medesimo luogo) ma vivono e agiscono in contesti differenti pur stringendo un legame particolare che crea un unico filo tra le diverse trame, sia in termini di racconto che in termini di senso, Cloud Atlas spinge quest'idea in avanti e basandosi sull'omonimo libro racconta 6 storie che si svolgono in epoche diverse (3 nel passato, una nel presente, 2 nel futuro), in cui i medesimi attori interpretano personaggi differenti (di storia in storia scambiandosi il peso dei rispettivi ruoli) coinvolti in momenti di lotta per la liberazione.

Il risultato come si può facilmente temere è un pasticcione grosso, all'insegna dell'apologia della rivolluzione, benedetto da una qualità visiva straordinaria e da alcuni momenti di cinema di grande respiro (più che altro merito dei Wachowsky, responsabili del segmento nell'800 e dei due futuri), capace di osare e immaginare davvero, ma poi fiaccato di continuo dall'incapacità di amalgamare le storie (il cui racconto si alterna di continuo, con un ritmo e un montaggio che non salta di scena in scena ma di momento significativo in momento significativo, alle volte rimanendo con una storia anche solo pochi secondi).

Sarebbe facile dire che ognuna delle 6 storie sarebbe potuta essere da sola un buon film, se più curata, però è evidente che l'intento fosse un altro: cercare di realizzare un film nel quale sia visivamente sia con il montaggio fosse evidente un disegno più grande. Eppure il trucco che maschera di volta in volta i vari attori per renderli personaggi differenti è solo ilare (e incredibilmente metaforico dei difetti del film) e il montaggio imprevedibile (di gran lunga la componente migliore del film) benchè sappia spiazzare realmente, alle volte interrompendo l'azione per completarla con quanto avviene in un'altra storia, non può da solo compiere il miracolo e rendere interessanti 6 trame che troppo spesso sfociano in trovate puerili e non sempre sono coerenti con il tono del film.

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