Vite Digitali: Quantum Break e la triste fine di Jack Joyce | Speciale
Nella puntata di questa settimana di Vite Digitali abbiamo come ospite Jack Joyce, viaggiatore del tempo protagonista di Quantum Break
Ideato dalle sapienti menti di Remedy Entertainment, autori di opere del calibro di Max Payne, Alan Wake e del recente Control, Quantum Break è uno splendido esperimento narrativo che mescola ulteriormente i videogames con il linguaggio delle serie tv.
Proprio il protagonista di questa avventura sospesa nel tempo, interpretato dal già citato Shawn Ashmore, ci porta qui oggi. Abbiamo deciso, infatti, di ospitare Jack Joyce all'interno dell'episodio di questa settimana di Vite Digitali, la rubrica domenicale dedicata ai personaggi più interessanti dell'industria videoludica. Ovviamente, come ribadiamo ogni domenica, in Vite Digitali non troverete il benché minimo spoiler riguardante il gioco in questione. Se siete in possesso di un PC da gaming o di Xbox One, soprattutto se abbonati al servizio Game Pass, vi consigliamo comunque di scaricare Quantum Break, per comprendere appieno le nostre riflessioni presenti nelle prossime righe.
Jack Joyce, dopo un lungo periodo lontano da casa, decide di tornare a Riverport, la propria città natale, in seguito alla richiesta d'aiuto da parte di Paul Serene, suo grandissimo amico d'infanzia. Una volta raggiunta l'università, Jack scopre che suo fratello William e Paul hanno creato una macchina del tempo. Una macchina che sta per essere accesa, ma che necessita dell'aiuto del nostro protagonista per l'attivazione. Non preferiamo entrare maggiormente nel dettaglio, per evitare di rovinarvi le molte sorprese ideate dai ragazzi di Remedy, ma diciamo solamente che Jack Joyce non dimenticherà mai il suo ritorno a Riverport e che si troverà presto a fare i conti con un'azienda nota come Monarch Solutions.
Il fascino del protagonista di Quantum Break sta nel suo essere, fondamentalmente, un bravo ragazzo, ma dal passato tutt'altro che tranquillo. Jack non è estraneo alle azioni illegali e all'uso di armi da fuoco, ma non è certo da considerarsi una "cattiva persona". È disposto a dare tutto sé stesso pur di aiutare le persone in difficoltà, ma allo stesso tempo è un uomo d'azione, ben lontano dallo scegliere la via del dialogo per risolvere i problemi. Questo suo dualismo è presente in tutta la produzione del team finlandese e, in più di qualche momento, ci siamo sentiti davvero vicini alle azioni che coinvolgono Jack.
Negli ultimi giorni abbiamo avuto occasione di portare nuovamente a termine Quantum Break e, ancora una volta, ci siamo imbattuti in uno dei principali punti deboli del titolo Remedy: il finale. Senza anticipare nulla a nessuno, gli ultimi istanti di gioco non riescono a mantenere il livello qualitativo del resto della scrittura, prestando il fianco a dubbi, incertezze e a domande alle quali probabilmente non avremo mai risposta. Una conclusione ingloriosa, che penalizza la caratterizzazione di un buon protagonista e che, di conseguenza, lascia l'amaro in bocca una volta raggiunti i titoli di coda.
Quella di Jack Joyce è una triste fine, ma che aveva tutto il potenziale per diventare un grandioso inizio. Una triste fine almeno quanto quella dello stesso Quantum Break, destinato a rimanere un titolo sottovalutato da molti, nonostante le potenzialità e l'abilità di scrittura degli sceneggiatori Mikko Rautalahti e Tyler Burton Smith, aiutati dalla regia maniacale di Sam Lake e Mikael Kasurinen.
Un'occasione parzialmente sprecata per il team finlandese, che sembrava aver trovato un nuovo linguaggio videoludico, ma che non è riuscita a mantenere sino alla fine tutte le promesse fatte nel corso dell'avventura ambientata a Riverport.