Vite Digitali: The Witcher 3 e l'emozionante apatia di Geralt di Rivia | Speciale
Nuovo episodio di Vite Digitali, la rubrica dedicata alle emozioni dei personaggi dei videogames. Oggi parliamo di Geralt, il Witcher di CD Projekt RED
Per chi fosse al suo primo episodio di questa rubrica settimanale, vi basti sapere che Vite Digitali è un appuntamento fisso che ispeziona a livello emotivo i principali personaggi provenienti dall'industria videoludica. Dopo Joel, Kratos, Jill Valentine e Senua, è finalmente giunto il momento dello Strigo ideato da Andrzej Sapkowski e doppiato, nei videogames, da Doug Cockle.
Come già accennato in apertura, Geralt è uno Strigo (o "Witcher", in base alla traduzione), ovvero un umano mutato dal "Rito delle Erbe", antica tradizione in grado di donare ai pochi sopravvissuti alcune particolari peculiarità, tra le quali spiccano un potenziamento dei sensi e una maggior prestanza fisica. Specializzati nella caccia ai mostri, gli Strighi non vengono ben visti dalla popolazione, che li ritengono poco migliori delle creature che uccidono. Una delle caratteristiche a non venir vista di buon occhio è la mancanza di emozioni che contraddistingue i Witcher; emozioni che gli sono state strappate per evitare che ciò influenzi eccessivamente il loro giudizio.
Ma chi è, davvero, Geralt di Rivia?
Geralt è una persona che tenta di vivere la propria vita facendo la cosa giusta, quando possibile, e scegliendo il male minore, in altri casi. Nonostante lo spirito idealista che si nasconde sotto l'armatura, Geralt ha imparato col tempo che il mondo non è mai bello quanto lo dipingono gli artisti e i bardi, ma che la vita vera tira fuori sempre il peggio degli esseri umani. Questa sua visione negativa del mondo, viene ulteriormente enfatizzata dalla sua caratteristica di Strigo di non poter provare emozioni, elemento che rende Geralt quasi sempre ombroso, cinico e, all'apparenza, apatico. Cosa che, in verità, il nostro "eroe" proprio non è, visto che, nonostante tutto, continua imperterrito la sua missione di voler fare del bene. Al giusto prezzo s'intende.
Ma perché è così facile rimanere invischiati nelle sordide avventure del Witcher scritto dai ragazzi della software house polacca? Perché, negli ultimi anni, non solo è molto più facile empatizzare con personaggi che vivono al confine tra giusto e sbagliato, ma perché viviamo in una società che per certi versi rispecchia quella del mondo ideato da "papà letterario" di Geralt.
Corruzione, ingiustizie, fraintendimenti, razzismo, rivolte sono ormai all'ordine del giorno e la cosa non ci piace. Ci fa arrabbiare. Ci fa andare di traverso il pranzo, mentre guardiamo il telegiornale. C'è bisogno, al giorno d'oggi, di qualcuno come Geralt, che sappia prendere la decisione giusta e che lo faccia senza farsi trascinare dalle emozioni, come faremmo di certo noi.
Avremmo tutti bisogno dell'apatia dello Strigo, necessaria per affrontare i veri problemi della vita con maggior distacco, ma in un'epoca dove la gente passa le ore a litigare sui social perché ad alcuni è piaciuto un film e ad altri no, forse dovremmo pensare di rivedere prima le nostre priorità.
Geralt è l'eroe che tutti vorremmo essere. La mano sulla spada delle giuste battaglie e sulla guancia delle relazioni sbagliate. Geralt ha la straordinaria abilità di non mostrare le proprie emozioni, ma di saper comunque essere emozionante, spingendo le persone attorno a lui a mostrarsi per quello che realmente sono e facendo da flusso canalizzatore per i loro pensieri.
Vorremmo tutti essere Geralt, perché il mondo è popolato da mostri e non c'è nessuno che li combatta per noi.
Ma forse siamo tutti troppo occupati a venire intrattenuti dai media, per accorgerci di poter fare davvero la differenza anche con piccoli atti di gentilezza. Perché, a differenza dello Strigo di Sapkowski, la nostra apatia non viene usata come una spada per combattere le nostre battaglie, ma come uno scudo dietro il quale nascondersi, quando la sfida si fa troppo dura.