Life is Strange | Giochi del Decennio #7

Nella selezione dei giochi del decennio, in cui ripercorriamo i titoli che più ci hanno colpiti negli ultimi dieci anni, non poteva mancare Life is Strange

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Prosegue la nostra selezione di Giochi del Decennio: oggi è il turno di Life is Strange, e fino a lunedì 23 dicembre, qui su BadTaste, vi racconteremo i migliori giochi usciti dal 2010 al 2019, al ritmo di uno al giorno.

Se chiudo gli occhi, pensando a Life is Strange, mi viene in mente un brano della sua colonna sonora. Probabilmente To All of You di Syd Matters (sebbene la feature song per eccellenza sia Obstacles), a caldo. L’avventura di Dontnod Entertainment, che prima del 30 gennaio 2015, quando uscì il primo episodio, veniva a seguito di un’altra dimostrazione di talento non indifferente quale Remember Me. Un action imperfetto dal punto di vista del gameplay, ma grandioso in quanto a worldbuilding e capacità narrative.

L’avevamo intravisto, insomma, che all’interno dello studio transalpino c’erano dei talenti non indifferenti, e con Life is Strange l’abbiamo imparato definitivamente. Perché sebbene ritenga Life is Strange 2 superiore sotto quasi ogni punto di vista, è con l’avventura di Max e Chloe che tutto è cominciato, la scintilla che ha appiccato l’incendio.

C’è sicuramente un debito nei confronti di Telltale Games, che con la prima stagione di The Walking Dead riuscì a reinterpretare il genere delle avventure grafiche, trasformandole in quelle che oggi chiamiamo avventure interattive o interactive drama, da cui il lavoro di Dontnod prende ispirazione ma si distacca chiaramente.

In primis per lo stile. La colonna sonora già accennata prima, che entra di diritto nella narrazione con il compito di creare l’umore adatto al proseguimento della storia, una parte importante del successo del franchise. Uno strumento, quello della musica affidata alle sonorità tipica dei gruppi indie, che lo stesso Hideo Kojima ha sfruttato nella bellissima selezione musicale del suo Death Stranding.

I Dontnod scelsero uno stile grafico molto particolare, che contribuì a far distinguere Life is Strange da qualsiasi altra produzione dell’epoca (e anche odierna). Una costruzione estetica che ricorda quasi un quadro in movimento, con colori accesi e texture che sembravano quasi delle pennellate, il taglio di un fumetto.

E poi il gameplay, che si basa su una intuizione geniale: la vita è fatta di scelte, e cosa faresti se potessi cambiarle? Laddove il già citato The Walking Dead puntava sull’ansia, sulla fretta di dover fare la costa giusta in un mondo allo sbando dove ogni battito di ciglia può essere l’ultimo, stavolta si viene costretti a riflettere sul peso delle scelte effettuate. In fondo, se Max può riavvolgere il tempo, non è di certo la sfida il motore principale del giocatore.

Il peso delle scelte si accosta, poi, a dei personaggi indimenticabili. Max, insopportabile quanto umana, la sua migliore amica Chloe, talmente profonda da essersi aggiudicata anche un (ottimo) prequel da protagonista, e tutti gli altri caratteri e personalità che popolano Arcadia Bay. Life is Strange si nutre delle loro vite, dei loro desideri e bisogni, delle spigolosità umane. E nel farlo racconta anche delle tematiche molto importanti relative a quel periodo della vita, l’adolescenza, a volte con un po’ di ingenuità, ma spesso con grande eleganza. Un’eleganza che, nella seconda serie conclusasi qualche settimana fa, è ancora più raffinata, tra l’altro.

Il secondo episodio della serie è ancora un pugno nello stomaco, e fosse uscito al giorno d’oggi avrebbe avuto effetti ancora più devastanti. Il racconto di Kate Welsh, e della sua disavventura con un video pubblicato in rete, fa ancora malissimo. E proprio grazie a questo racconto ci allacciamo a quello che è l’unico, enorme, problema di quello che è indissolubilmente un videogioco di culto dell’ultimo decennio: il finale.

Purtroppo i due finali non tengono conto della quasi totalità delle scelte fatte dal giocatore in quel momento. Un piccolo neo in una produzione altrimenti gigantesca, che ha fatto conoscere giustamente il grande talento di Dontnod al grande pubblico. C’è Twin Peaks, un pizzico di Buffy, la narrazione tipica della serialità young-adult, e l’attenzione nel tratteggio di tematiche e personaggi tipica della cinematografia indipendente: per tutto questo, Life is Strange è un videogioco indimenticabile.

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