DOOM, DOOM II e la stucchevole retorica del capolavoro senza tempo
La riproposizione sulle console di attuale generazione di DOOM e DOOM II ci ha fatto riflettere sull'estrema facilità con la quale spesso si parla dei grandi giochi del passato come di capolavori senza tempo
Nessuno, badate, discute l'importanza che i giochi hanno avuto nella storia del genere. Alcuni elementi caratterizzanti si riconoscono ancora oggi, gli stessi che sono stati alla base del reboot targato 2016: la velocità di azione, il marcato gusto per il gore, l'iconografia infernale, la colonna sonora incalzante e di chiaro stampo metal. Ma è impossibile non notare la vaghezza di un level design assurdamente labirintico, la rozzezza di varie soluzioni ludiche (dalle chiavi di vario colore associate a porte di uguale cromatisimo ai demoni invisibili) e, più in generale, tutti i limiti tecnici che il passare del tempo ha messo in netto risalto. Esistono produzioni invecchiate male e altre che non hanno minimamente subìto l'incuria del tempo, DOOM e DOOM II sono, purtroppo, tra le prime, ed è perfettamente inutile innalzare barricate a loro difesa issandovi sopra il vessillo dell'importanza storica, menarla con “le emozioni di una volta” e i “capolavoro del passato” se supponiamo, com'è in realtà, che il giocatore si diletti con il suo passatempo principalmente per divertimento.
"perché subire l'evidente vecchiaia dei primi due capitoli della serie quando se ne ha a disposizione la sua più frenetica, adrenalinica, feroce summa, rappresentata dal DOOM del 2016?"Non bisogna poi andare molto lontano per avere una perfetta dimostrazione di come anche in un genere che forse più di altri presta il fianco all'erosione provocata del tempo esistano produzioni ancora attuali. Tanto per rimanere in casa id Software, Quake e Quake II. Da DOOM II a Quake passano appena due anni (1994 il primo, 1996 il secondo; 1997 per Quake II), ma messi a confronto sono separati da un abisso, in termini di giocabilità pura, level design, arsenale, varietà, che pare scavato da molto più tempo. E ancora, tanto per centrare ulteriormente il senso della nostra riflessione: perché subire l'evidente vecchiaia dei primi due capitoli della serie quando se ne ha a disposizione la sua più frenetica, adrenalinica, feroce summa, rappresentata dal DOOM del 2016? Perché non godere del suo estasiante sparo, del truculento corpo a corpo, della sua vivida iconografia? Ancora: ha molto più senso la riedizione, peraltro ottima dal punto di vista tecnico, di DOOM 3, un gioco che prova ad arricchire l'esperienza FPS puntando sull'horror più puro, quello fatto di oscurità e inquietanti rumori (e che chiaramente, essendo datato 2004, ha un impianto ludico più moderno).