Stadia, bello ma al momento non mi ci abbonerei
Una presentazione intrigante, ma volutamente avara di dettagli. Google Stadia, allo stato attuale, convince solo a metà
Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".
4K, HDR, 60fps fissi, persino il Surround 5.1 potenzialmente su qualsiasi dispositivo possibile, non fosse che per quanto riguarda smartphone e tablet già iniziano ad evincersi le prime restrizioni. Idealmente, ed è un concetto che cita lo stesso Phil Harrison durante il suo intervento nella conferenza dedicata al servizio e andata in onda ieri, 6 giugno, siamo di fronte all’abbattimento della discriminazione videoludica, testimoni della nascita di una democrazia tecnologica in cui le specifiche, la potenza bruta, i freddi numeri per intenderci, semplicemente non contano più nulla.
[caption id="attachment_196282" align="aligncenter" width="1000"] L’abbonamento standard non prevede alcun pagamento mensile, non include alcun gioco e propone come risoluzione massima i 1080p. Potrebbe essere proprio questa, l’offerta che attirerà il maggior numero di curiosi[/caption]
Titillati da una prospettiva così avveniristica, eppure tanto vicina, dal momento che Stadia aprirà ufficialmente i battenti entro la fine di quest’anno, si può insomma restare incantati, ipnotizzati da una medaglia scintillante che, purtroppo, cela un risvolto che, allo stato attuale dei fatti, ha già le desolanti sembianze di un disastro annunciato.
Sì, perché il diretto concorrente di Game Pass e PlayStation Now, effettivi “Netflix dei videogiochi”, pur con tanti difetti e limiti, soprattutto per quanto concerne la proposta di Sony, si sta rivelando qualcosa di molto diverso, molto meno attraente e, soprattutto, estremamente più costoso.
La campanella d’allarme è scatta non appena si è citato il servizio d’abbonamento Pro, l’unico che, tra le altre cose, garantirà la possibilità di giocare, a titolo gratuito, alcuni titoli selezionati da Google stessa. Avete capito bene: per 9,99€ al mese, eliminando dall’equazione lustrini e chincaglierie varie, avrete esclusivamente diritto al servizio streaming.
Il futuro Assassin’s Creed, l’ennesima iterazione di FIFA, persino le eventuali esclusive di Stadia, sviluppate dagli studi interni di Google, se non saranno ascritti tra le produzioni offerte ed incluse con Stadia Pro, andranno acquistate singolarmente.
La piattaforma, dunque, salvo future smentite, salvo inevitabili e probabili evoluzioni, salvo cambiamenti radicali dell’ultimo momento, non ci farà risparmiare, non ci garantirà chissà quanta libertà, non sarà democratica come inizialmente preventivato.
O meglio, potrebbe esserlo. Varrebbe la pena fare un po’ di calcoli, per esempio. Valutare quanto costa una console, con relativo abbonamento a Game Pass o PlayStation Now, e chiedersi se l’esborso richiesto per saltare sui treni di Microsoft e Sony pareggi o meno la possibilità di giocarsi i due, tre giochi all’anno verso cui si nutre un minimo d’interesse, direttamente sul proprio TV di casa.
[caption id="attachment_196283" align="aligncenter" width="1000"] Anche l’offerta legata al pre-order, con il solo Destiny 2 a tentare di ingolosire l’utenza, ci sembra assolutamente sgraziata e poco invitante[/caption]
Il discorso, che può avere ancora più senso se si considerano le cifre, spesso folli, necessarie per assemblare un PC da gaming, è tuttavia paradossale, quando si considera l’idea, il concept che anima Stadia, di cui ne abbiamo già parlato in questo articolo, che ha come punti cardine eSport e streaming di contenuti creati dagli utenti.
Difficilmente, ora come ora, un videogiocatore navigato, magari già equipaggiato di console ed abbonamenti vari, target primario, teoricamente, di Google, resterà ammaliato dall’idea di dover pagare due volte, passateci la frase ad effetto, per qualcosa che può già avere altrove, pur rinunciando alla fruizione su qualsiasi device ed in qualsiasi momento.
Il problema, insomma, è soprattutto di business model, fattore che rischia di mortificare un progetto potenzialmente rivoluzionario, che anche nella peggiore delle ipotesi non mancherà comunque di far parlare di sé e di provocare una reazione nei diretti concorrenti.
Non possiamo non fare il tifo per Stadia, ovviamente, ma al tempo stesso ci auguriamo che il catalogo di giochi inclusi nell’abbonamento si ingrandisca esponenzialmente, magari potendo contare anche su qualche esclusiva di un certo peso.