Tom Clancy's The Division 2, più RPG che shooter

In attesa della recensione, un approfondimento sull'anima di Tom Clancy's The Division

Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".


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A furia di sonore sconfitte e categorici KO, si finisce per intravedere, capire, accettare l’assioma che alimenta la produzione di Ubisoft, fulcro attorno al quale ruota un’esperienza di per sé quasi del tutto inedita, unicum in un panorama di congeneri che negli ultimi anni hanno faticato ad inventarsi qualcosa di realmente nuovo. Non fosse servito il prequel a renderlo evidente, non avesse già reso l’idea la beta, Tom Clancy’s The Division 2 non può essere approcciato come un qualsiasi altro shooter in terza persona.

Ci sono innumerevoli indizi in merito, un filo d’Arianna per nulla celato e tutt’altro che sottinteso, ma è possibile che equipaggiamento ricco di bocche di fuoco, mappa liberamente esplorabile ed una serie di esplosive abilità da attivare con costante regolarità, abbiano offuscato le menti meno allenate o semplicemente impreparate a ciò che il gioco intenda effettivamente offrire al suo pubblico.

Sì, perché non ci vuole molto tempo, prima che ci si accorga di quanto la componente shooter non sia altro che un autentico specchietto per le allodole, una splendida maschera sotto al quale si nasconde un RPG naturalmente in tempo reale, ma che nelle sue linee di codice cela un’intima e fatale attrazione per un’intransigente rispetto dei turni.

The Division 2 non può prescindere dai numeri, dalle statistiche, dal corretto equipaggiamento e, soprattutto, da ferrei tempi di cooldown, metronomo che gestisce il ritmo dell’azione e regola le fasi offensive, distinguendole nettamente dai momenti in cui bisogna preoccuparsi di difendersi dai contrattacchi di nemici gestiti, tra le altre cose, da un’I.A. piuttosto scaltra e a suo agio nello sfruttare le conformità dell’ambientazione di turno.

[caption id="attachment_194129" align="aligncenter" width="1000"]Tom Clancy's The Division 2 screenshot Il passaggio dall’inverno alla primavera ha fatto bene alla serie, quanto meno sotto il profilo dell’art design[/caption]

Basta ricaricare l’arma o “attendere” il riposizionamento del proprio avatar dietro l’ennesimo riparo, per accorgersi come il gunplay sia dominato da un orologio interno ben specifico, in cui la libertà di attaccare in qualsiasi momento è comunque influenzata da numerosi fattori che finiscono con il limitare (o esaltare, a seconda dell’abilità di ognuno) le strategie applicabili dal giocatore.

Non servono molti errori per vanificare un’intera missione. Approcciarsi ai propri avversari con l’arma sbagliata, altra feature che avvicina idealmente The Division 2 agli strategici, rende difficile la rapida eliminazione delle minacce. Un colpo di troppo, che manca un avversario che sta tentando il fiancheggiamento, può tradursi in una morte quasi certa. Sbagliare il tempismo con cui ricaricare o cambiare la bocca di fuoco equipaggiata può rivelarsi a dir poco deleterio."Un perfetto equipaggiamento è condizione imprescindibile per imporre il proprio dominio in battaglia"

Allo stesso tempo, quasi ci fosse davvero una griglia ad indirizzare i passi dell’Agente, nonostante non sia possibile tendere vere e proprie imboscate agli avversari, con un attento studio del campo di battaglia si possono scovare (momentanei) punti strategici dove mettere alle strette gli avversari, autentiche postazioni che, quasi, donano bonus d’attacco e di difesa rispetto alla compagine ostile. Soprattutto nelle missioni che si svolgono all’interno degli edifici, l’analisi della planimetria tende a svelare corridoi con cui raggirare i gruppi di nemici che si oppongono all’eroe.

Alleandosi con altri utenti, si apprezza maggiormente come una corretta coordinazione con i compagni di squadra faccia rima con un perfetto dispiegamento sullo scenario, utile sia a ostruire le vie di fuga, sia ad impedire l’accerchiamento nemico.

Come già suggerito, un perfetto equipaggiamento è condizione imprescindibile per imporre il proprio dominio in battaglia. Se la gestione di zaini, guanti, maschere antigas e quant’altro è relativamente limitato, la scelta, del resto, ricade quasi sempre sull’item capace di assorbire il maggior numero di danni, il discorso è enormemente più intrigante una volta che andrete a selezionare fucili e pistole. Il potere d’attacco è certamente un valore a cui dare conto, ma non è l’unico, né il principale. La scelta dell’arma, difatti, è condizionata innanzitutto dal terreno di scontro, oltre che dai nemici da fronteggiare e dalla strategia con cui ci si vuole approcciare alla missione.

Considerando anche le abilità speciali di cui il proprio avatar è dotato, tra torrette e droni, è fondamentale calcolare la distanza dei nemici, nonché la loro possibilità di muoversi, più o meno rapidamente, da un riparo all’altro. Un potentissimo shotgun, ideale per disperdere i soldati che avanzano con sfrontatezza, può risultare completamente inutile non appena si è ingaggiati da un paio di cecchini. Allo stesso tempo, un utilissimo mirino, capace di zoomare la visuale di svariati ingrandimenti, può sancire la vostra fine non appena un avversario spezza il fuoco di soppressione ed incalza da vicino voi stessi e i vostri alleati.

Non che in altri shooter non accada qualcosa di estremamente simile, beninteso, ma in The Division 2 anche in queste fasi torna a farsi sentire con tremenda inflessibilità il fattore tempo, coefficiente che premia il videogiocatore accorto e allo stesso tempo punisce gli eccessi di audacia.

Attaccare a testa bassa, affidarsi unicamente al proprio potere di fuoco, colpire i nemici che sbucano dai propri ripari senza considerare l’insieme delle minacce e il loro posizionamento sul campo di battaglia, sono tutti modi per incappare anzitempo nella schermata di game over.

[caption id="attachment_194127" align="aligncenter" width="1000"]Tom Clancy's The Division 2 screenshot Dall’impostazione generale all’hud, è cambiato davvero poco rispetto al prequel[/caption]

Anche perché c’è un altro addendo che concorre a rendere la produzione di Ubisoft un RPG mascherato da sparatutto: gli avversari sbagliano pochissimi colpi, ogni volta che si esce allo scoperto è quasi inevitabile beccarsi qualche proiettile volante. Pur in tempo reale, insomma, il gioco sembra veicolare una sorta di turnazione intrinseca tra le compagini che si affrontano. Ad ogni attacco alleato, corrisponde un danno inferto dal nemico, per quanto questa equazione sia mitigata da una miriade di altri fattori in gioco, tra i quali i livelli di forza dei personaggi coinvolti e l’effettiva rapidità con cui si consumano le offensive.

Tom Clancy’s The Division 2 non è Gears of War, né propone un tatticismo paragonabile a quello di Ghost Recon. Travestendosi da shooter, genere da cui comunque eredita ritmo e meccaniche di base, si propone come un fine RPG in tempo reale in cui numeri e tattica fanno la differenza tra la vittoria e la sconfitta.

Fermo restando che globalmente il gioco è molto simile al suo diretto prequel, torneremo presto a parlarvi della produzione di Ubisoft in una recensione che non lesinerà sull’analisi dell’end game e del PvP. Restate con noi, dunque, per un’ulteriore approfondimento su uno dei giochi più interessanti e divertenti di questo 2019 in salsa videoludica.

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