Days Gone, viaggio nel cuore (infetto) dell'Oregon - Hands-on
La nostra prova di Days Gone, open world post apocalittico di SIE Bend Studio
Nerd per vocazione, pubblicista di settore per scelta. Inizio a scrivere nel 2004 di videogiochi per cambiare il mio piccolo mondo, per poi accorgermi che il gaming aveva già cambiato me. Laureato in management per l'impresa a Milano, ho fatto del pad e della penna virtuale i miei migliori amici. Sono stato contributor - e in alcuni casi senior editor - per diversi siti videoludici, per poi portare la cultura geek anche sulla stampa generalista e su alcune delle testate tech più rilevanti a livello nazionale ed internazionale. Senza dimenticare qualche scrittura in libertà su blog indipendenti, sempre focalizzati sul mondo in pixel e poligoni. "È vero, siamo tutti in vendita per un prezzo o per un altro. Ma tu sei diversa, indomita, solitaria. Tu non sei un cane, tu sei un lupo."
La storia di Days Gone comincia proprio nel bel mezzo del disastro. Pochissimo sappiamo dell’epidemia che trasforma gli esseri umani in Freaker: razionalità e sentimenti hanno lasciato il passo all’aggressività e ad una incontrollabile fame cannibale. Nel corso della prima ora la produzione mette subito in chiaro quanto il mondo sia sull’orlo del collasso, uno scenario visto decine di volte tra letteratura, cinema e piccolo schermo, ma ancora stuzzicante. Non nasconde mai la sua natura ludica tanto vicina alla scuola Sony degli ultimi due anni, quella che, pur in un mondo devastato dall’apocalisse e pennellato da una struttura aperta, fa proprio della narrazione il suo cavallo di battaglia. È chiaro che il team di sviluppo non sia andato alla ricerca di un taglio originale o innovatore, ma che abbia puntato su una ambientazione efficace, sulle atmosfere e sul carisma dei personaggi, valorizzando il tutto con una sceneggiatura dal forte impatto, capace di risvegliare forti e contrastanti emozioni, fino ad un epilogo che rischia seriamente di non regalarci un lieto fine.
[caption id="attachment_193857" align="aligncenter" width="1920"] In sella alla propria moto Deacon si muove in un mondo estremamente evocativo[/caption]
Quella di Deacon si tratteggia pian piano come una vita di fortuna, a bordo della sua cara moto da drifter e rischiarata di tanto in tanto da toccanti flashback, che sanno descrivere a parole ed immagini il sentimento che lo lega a Sarah, senza lesinare in incontri fortuiti con le fazioni che popolano i territori inospitali e selvaggi dell’Oregon. Il breve cammino nel passato crea una mescolanza che ha il gusto agrodolce della malinconia, ma che rifugge immediatamente dalla stucchevolezza per la capacità di mescolare dolcezza e brutalità. Già solo nelle prime ore, la prova su strada ci ha portato a conoscere da vicino molte delle forze in campo: i Ripugnanti, una setta di invasati religiosi che crede nell’espiazione dei peccati attraverso la punizione corporale, o i soldati della NERO, una misteriosa organizzazione paramilitare che sembra essere legata alla creazione e diffusione del virus. I dialoghi sono ben scritti, a tratti potenti, capaci di immergerci completamente in un contesto brutale, in cui il cuore della razza umana è stato avvolto dalle tenebre che già albergano, nascoste, nell’animo di ogni uomo e donna, che vi porterà a riflettere almeno per qualche istante su quanto sia facile ed allettante lasciarsi trascinare in un mondo già ampiamente alla deriva.
In tal senso il sistema di progressione, ricoprirà un ruolo di vitale importanza, passando attraverso lo sviluppo della moto e delle abilità di Deacon, così da rendere le nostre armi più stabili, precise e devastanti. Il nostro ex centauro potrà crescere grazie a tre diversi skill tree, dedicati rispettivamente al combattimento ravvicinato, agli scontri a distanza e alle capacità di sopravvivenza. I punti esperienza da spendere vanno accumulati uccidendo i nemici o dedicandoci a molti incarichi collaterali, come l'epurazione dei Freaker, il salvataggio dei sopravvissuti, l'instaurazione di rapporti con gli abitanti degli avamposti e altro ancora. La gestione del ritmo, tra momenti quasi contemplativi, in cui distaccarsi per qualche minuto dalla morte e dalle sue conseguenze, magari raccogliendo risorse o sistemando la moto, e altri più dinamici, come quelli di combattimento, sembra donare a Days Gone il giusto passo, anche grazie alla personalità dell'Oregon esplorato nel gioco, molto più che semplice ambientazione (nonostante alcuni difetti tecnici, come una pulizia complessiva ancora migliorabile).
[caption id="attachment_193853" align="aligncenter" width="1920"] Deacon non dovrà affrontare solo i Freaker[/caption]
Rispetto alla build mostrata in altre occasioni Days Gone ha compiuto evidenti passi in avanti, sia sul piano tecnico che su quello squisitamente ludico. Soprattutto è riuscito a evidenziare il messaggio insito nel titolo, la sua più profonda chiave di lettura, l’approccio scelto dagli sviluppatori per raccontare un mondo in cui l’umanità ha perso. Il marcato stile on the road, la dualità dell’animo del protagonista e la cruda violenza di un Oregon che non ha paura di farci scontrare (anche) con Freaker poco più che bambini, sono tutti elementi non possono non innalzare l'interesse nei confronti della produzione, nonostante i dubbi espressi: appare evidente che se Days Gone riuscirà a distinguersi dalla massa sarà più per la sua narrazione che per le scelte ludiche. Per una storia, ce lo auguriamo, emozionante e davvero difficile da dimenticare.
A cura di Andrea Guerriero