Marvel’s Spider-Man, un’analisi narrativa del videocomic di Sony
Ottima caratterizzazione dei personaggi e scelte narrative azzeccate, rendono la trama di Marvel’s Spider-Man estremamente godibile
Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".
Se il gameplay ha palesato qualche limite di troppo, complice una cronica ripetitività di fondo ed un level design strettamente riconducibile a Manhattan stessa, artisticamente il ritorno in grande stile dello Spider-Man videoludico ha convinto all’unanimità, gettando addirittura le basi per un progetto potenzialmente epocale ed estremamente affascinante.
CORRELATO: Marvel's Spider-Man - Recensione
CORRELATO: Marvel’s Spider-Man: La Rapina - Recensione
CORRELATO: Marvel’s Spider-Man: Territori Contesi - Recensione
Tuttavia, è soprattutto dal punto di vista narrativo che la produzione Sony si è tolta diverse soddisfazioni, regalandoci un plot generalmente godibile, nonostante qualche inevitabile passo falso, dovuto, più che altro, all’ancor persistenze immaturità del medium sotto questo profilo.
Se il tentativo era di traslare il Peter Parker ammirato nei fumetti in un videogioco, tanto per cominciare, l’obiettivo può dirsi pienamente centrato. Le battute, sul lungo periodo, tendono a ripetersi, ma quello di Insomniac Games è certamente uno Spider-Man dalla battuta pronta, autoironico, capace di non prendersi troppo sul serio.
Il lavoro di introspezione psicologica effettuato nei suoi riguardi è uno dei tanti meriti che è giusto riconoscere agli sceneggiatori. Non siamo di fronte ad un giovane irresponsabile, ignaro delle conseguenze delle sue gesta, eppure, quando costretto, non si preoccupa di usare le maniere forti. Ha a cuore le persone che gli stanno intorno, si strugge per le difficoltà che attraversano i suoi alleati, è perennemente combattuto tra i suoi doveri e la necessità di ritagliarsi un posto nel mondo, lontano dall’ombra dall’ingombrante alter ego.
Va fatto un plauso al coraggio di Insomniac Games di aver ambientato l’avventura in questione diverso tempo dopo il famoso morso del ragno ai danni del giovane Peter Parker. Iniziare in medias res non solo ha reso più snello un incipit che avrebbe potuto annoiare i fan più navigati, già ampiamente a conoscenza dei passaggi che hanno permesso all’inesperto supereroe di accettare le proprie “responsabilità”, ma ha garantito un notevole spessore a tutti i personaggi che si alternano sullo schermo, già interconnessi tra loro da rapporti di lunga data.
Ciò è tangibile sia con i villain, Kingpin ha alle spalle diversi arresti e molteplici scazzottate con il nostro, sia con chi lo aiuta giornalmente. In questo senso, la storia tra Peter e Mary Jane è un fantastico ed efficacissimo espediente narrativo per palesare a più riprese un background utile a rendere credibile il fluire degli eventi, le reazioni dei protagonisti, le conseguenze che derivano da certe scelte. L’interesse smodato del videogiocatore circa il passato di Peter, che cresce a dismisura non appena viene a comporsi il triangolo amoroso con la (ri)comparsa della Gatta Nera, nel primo DLC che compone La Citta che non Dorme Mai, è una prova piuttosto lampante di come tutto funzioni a dovere.
La conclusione, che costringe Spider-Man a contrapporsi al suo mentore, è carica pathos proprio perché verte su un passato condiviso (e spesso sofferto) dai due, di cui il videogiocatore viene a conoscenza tramite rimandi e frasi che cadono nel vuoto, evitando, fortunatamente, gli odiati “spiegoni” che avrebbero infranto la coerenza di un impianto narrativo tanto ben congeniato.
Spiace, insomma, che certe parti, certi personaggi, non abbiano ricevuto la stessa cura per i dettagli. Che dire, per esempio di Yuri Watanabe, co-protagonista del secondo DLC, inspiegabilmente costretta al ruolo di semplice comparsa in Silver Lining, quando invece ci si sarebbe aspettati un climax di qualche tipo dopo le intriganti rivelazioni sul suo passato. Lo stesso Miles Morales viene gestito con poca grazia, lasciato in un angolo per troppo tempo e “scongelato” solo quando alla trama serviva un’ulteriore miccia che innescasse l’epilogo.
In certi frangenti, insomma, manca equilibrio. Eppure, al centro di Manhattan troneggia imperiosa la torre degli Avengers, segno e simbolo di una volontà ben precisa, che potrebbe rinquadrare qualsiasi sbavatura in una prospettiva totalmente differente. Come confermato sia da Insomniac Games, che da alcuni dirigenti Marvel, l’intenzione è di creare un universo videoludico del tutto simile, e parallelo, a quello di fumetti e film.
[caption id="attachment_192841" align="aligncenter" width="1000"] Abbiamo apprezzato tantissimo la travagliata storia d’amore tra Peter e Mary Jane, relazione che ha anche conosciuto una lunga pausa, momento di stallo nel quale il supereroe, con nostra grande gioia, ha trovato modo e tempo di dedicarsi alla ben più piccante e sensuale Gatta Nera.[/caption]
Per quanto non siano ancora stati annunciati né sequel, né titoli con protagonisti altri eroi Marvel, non è del tutto erroneo ipotizzare che le questioni lasciate in sospeso, o quelle appena accennate e mal introdotte, non siano da considerarsi come un difetto della produzione in sé, ma come spunti che verranno ripresi ed approfonditi in futuro.
Del resto, se non ci è dispiaciuto ritrovarci con uno Spider-Man già pienamente calato nel personaggio, potremmo trovare estremamente stuzzicante accompagnare Miles Morales nella sua evoluzione e crescita nei panni del supereroe di quartiere.