Assassin's Creed Odyssey e i suoi luoghi di (dis)interesse
Il punto debole della declinazione dell'open world di Assassin's Creed Odyssey
Il riferimento per l'esplorazione è l'ormai tradizionale barra, posta in alto allo schermo, che indica i potenziali luoghi di interesse con dei punti interrogativi e con la distanza che da essi separa il protagonista, un elemento con il quale gli appassionati di giochi di ruolo hanno estrema familiarità e che qui, soprattutto per coloro che amano perdersi tra una peregrinazione e l'altra, è foriero di tante, nuove avventure. Sono moltissimi e vari i luoghi che, mano a mano che si attraversano le ambientazioni di una regione, ne vanno a puntellare la mappa: grotte, fortini, accampamenti, villaggi, città, templi, altari, monumenti, ed in ognuno di essi è sempre possibile ottenere qualcosa: nel momento in cui ci si avvicina un piccolo box indica cosa sia necessario fare per completare quel luogo, un insieme di compiti, anche molteplici, che possono andare dall'uccisione di forti avversari alla liberazione di prigionieri, dal saccheggio di importanti tesori al danneggiamento delle risorse nemiche, ad altro ancora.
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Inizialmente difficilmente si sfugge all'attrattiva rappresentata dalla scoperta di un nuovo luogo e alla brama delle ricompense che esso custodisce: denaro e risorse sono certamente importanti ma, come in ogni gioco di ruolo che si rispetti, è soprattutto il desiderio di nuovo equipaggiamento, più forte e magari più bello, a stimolare il completamento di ogni punto d'interesse. Li si va a cercare quindi, spinti dalla curiosità e dalla cupidigia, e anche qualora non si ottenessero chissà quali premi ci si consolerà con numerosi punti esperienza, necessari per avanzare di livello. Figuriamoci poi quanto una tale offerta, così sostanziosa, possa far presa sulla particolare testolina del completista (categoria all'interno della quale risiede anche lo scrivente), totalmente incapace di ignorare anche il più banale dei luoghi, perfettamente in grado di perdere ore appresso a quattro dracmae e ad uno spadino buono nemmeno per affettare il formaggio.
Passate le ore però persino il più ossessivo compulsivo dei giocatori inizia a capire che non valga propriamente la pena passare del tempo a infilarsi in ogni anfratto, a sterminare i fin troppi occupanti di un fortino, a completare in maniera che ci si accorge essere diventata automatica ogni luogo, ripetendo sempre le stesse cose. Non ci vuole moltissimo affinché il meccanismo descritto crolli sotto il peso di una inevitabile ripetitività, e allora magari si va ancora alla ricerca di nuovi luoghi, ma appena se ne capisce la sostanza ludica li si tralascia senza particolari patemi. Quand'è che invece, con grande soddisfazione, si procede alla loro esplorazione? Quando ci si accorge che sono legati alle non moltissime missioni secondarie, quando un pizzico di narrazione ne giustifica l'esistenza e il tempo necessario al giocatore per completarli. Ecco quindi che scoprire e uccidere un fortissimo cervo in una palude diventa stimolante quando il giocatore sa che sta cacciando per una seguace di Artemide la mitologica cerva di Cerinea.[caption id="attachment_190519" align="aligncenter" width="1920"] Non gli Oreo che stavamo cercando[/caption]
Senza una anche minima narrazione alle spalle, sia essa esplicita che ambientale, non basta riempire il mondo di luoghi da completare per soddisfare il giocatore. Anche in produzioni come The Elder Scrolls V: Skyrim e The Witcher 3: Wild Hunt ci si perde attraverso mille ambientazioni, ma quasi tutte sono legate a piccole e grandi storie e anche quelle poche che non lo sono comunque raccontano qualcosa, del mondo di gioco e del suo background. E che dire di The Legend of Zelda: Breath of the Wild, nel quale scovare uno dei tantissimi sacrari significa andare incontro a una nuova, fresca sfida, che sfrutta in maniera incredibile il gameplay. Purtroppo Assassin's Creed Odyssey abbina solo raramente all'abbondanza di luoghi un adeguato stimolo narrativo, contenutistico o ludico, e quelli che dovrebbero essere punti di interesse arrivano a produrre persino nel giocatore più metodico l'effetto opposto: si finisce per ignorarli.