Killing Floor Incursion e gli altri giochi in realtà virtuale che stanno cambiando le regole degli FPS

La realtà virtuale sta riscrivendo molte regole di game design. Killing Floor Incursion è l’ennesima dimostrazione di come stanno cambiando gli FPS quando declinati alla realtà virtuale

Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".


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Nonostante i pareri più disparati e discordanti che piovono dalla rete, siano essi di semplici giocatori piuttosto che di testate specializzate, personalmente mi sto divertendo e non poco con Killing Floor Incursion. Non è un gioco perfetto, lo si evince già dal tutorial, ma si tratta di un FPS dalle tinte horror a suo modo particolare ed intrigante, soprattutto per chi è attratto da sempre dall’idea di ritrovarsi circondato da orde di zombie ed altre mostruosità assortite.

Originariamente pubblicato nel 2017, in esclusiva per Oculus Rift, ha esordito in questi giorni su PlayStation 4, ovviamente con il pieno supporto a PlayStation VR, dove è possibile muovere guerra a centinaia di non-morti impugnando una fidata ed efficiente coppia di Move. Si tratta, lo si capisce immediatamente, di un’esperienza che vuole essere immersiva a tutti i costi, anche al prezzo di una certa immediatezza nei comandi, appesantiti ed incatenati dalla scelta di design di attualizzare e concretizzare il corpo, la fisicità dell’avatar di cui si vestono i panni.

Così come Statik, semisconosciuto puzzle game disponibile sempre per PlayStation VR, creava una diretta corrispondenza tra le mani del videogiocatore, strette attorno al Dualshock 4, e quelle del protagonista del titolo, imprigionate e contenute dentro particolari dispositivi che andavano sbloccati risolvendo specifici enigmi, Killing Floor Incursion giustifica l’utilizzo e la “presenza” dei Move non limitandosi ad affidarne la gestione del particolare sistema di mira, caratteristica che, come vedremo a breve, rappresenta il fulcro dell’evoluzione verso cui si stanno muovendo gli FPS in salsa VR.

[caption id="attachment_184757" align="aligncenter" width="1000"]Killing Floor Incursion screenshot Il vero problema di Killing Floor Incursion è che le armi da taglio sono davvero troppo efficaci. Liberi di agitare rapidamente i leggerissimi Move, farete a fette decine di non morti in un battito di ciglia[/caption]

Tutto l’equipaggiamento di cui è dotato il soldato che impersonerete, difatti, va letteralmente preso e riposto nelle rispettive fodere, mimando i gesti necessari. La torcia nella pettorina può essere estratta e puntata a proprio piacimento, esattamente come la coppia di pistole, sui fianchi, o le granate, all’altezza delle cosce. Il sistema aiuta ad immedesimarsi, ovviamente, ma non è esente da difetti. La problematica maggiore, in questo senso, è ravvisabile nei coltelli o nel fucile a pompa, armi che si dovrebbero afferrare spostando il Move sopra la spalla e poi verso la schiena. Il software, purtroppo, in più di un’occasione non riesce ad interpretare correttamente il comando, con mortali perdite di tempo, visto che gli zombie non vi daranno certo il tempo di provare e riprovare ad oltranza.

Eppure l’espediente funziona, in parte involontariamente, perché crea la classica situazione da film horror nel quale uno dei personaggi, terrorizzato oltre ogni immaginazione, non riesce ad afferrare gli oggetti, o fa cadere quelli che potrebbero garantirgli una chance per salvarsi. Inoltre, barcamenarsi tra pistole e medikit, quando tutto procede senza intoppi,  si rivela piuttosto comodo, ben più appassionante, coinvolgente e persino credibile, di aprire ed utilizzare la classica “ruota delle armi”.

Dove però Killing Floor Incursion imprime una sensibile evoluzione al genere, come già accennato qualche riga sopra, è nella gestione della mira, feature che veniva esplorata e cavalcata con ancor più intransigenza da Bravo Team, altro FPS per PlayStation VR recensito sulle nostre pagine qualche mese addietro.

Laddove negli sparatutto in prima persona tradizionali ci si avvale di indicatori dell’hud, il gioco sviluppato da Trip Wire Interactive ne fa completamente a meno. Il vero cambiamento, tuttavia, è ravvisabile nella totale assenza della funzione legata alla mira. Non c’è alcun trigger che una volta premuto allinei la telecamera con la canna del fucile. Per sparare accuratamente dovrete spostare la testa, avvicinare le braccia al corpo, a volte persino chiudere un occhio per vedere ancora meglio.

Sulle prime, ci si trova completamente spiazzati, incapaci di comprendere il corretto funzionamento del sistema, totalmente alienati soprattutto se non avete mai impugnato una pistola o un fucile, nemmeno in una sala giochi.

[caption id="attachment_184756" align="aligncenter" width="1000"]Killing Floor Incursion screenshot Non mancano lunghi scontri con i bossi di fine livello. Anche in questo caso, tuttavia, il teletrasporto istantaneo, unico metodo di spostamento dell’avatar disponibile, tende a rendere ogni battaglia fin troppo facile.[/caption]

Anche in questo caso, c’è insomma una certa goffaggine di fondo, che rende le prime sparatorie particolarmente difficili e complesse. In questo caso, tuttavia, si tratta di una sensazione transitoria e temporanea. Con il passare del tempo, difatti, ci si impratichisce e si scopre di adorare un certo grado di indeterminatezza  della traiettoria del proiettile, che si tramuta, ovviamente, in una soddisfazione doppia, tripla, quando si colpisce un non-morto al centro esatto della testa.

Come se non bastasse, avendo a disposizione due mani, il tutto regala ancora più divertimento quando si apre il fuoco a ventaglio con una coppia di pistole automatiche. Liberi dall’assillante assistenza dell’hud, ci si scopre un po’ più fragili, certo, ma anche più padroni del proprio destino, veri fautori del proprio successo, frutto di abilità intrinseche e personali, piuttosto che derivato dalla corretta interpretazione di indicatori ed icone.

Killing Floor Incursion, Bravo Team, ma anche Resident Evil 7 biohazard rappresentano e dimostrano alla perfezione come e quanto la VR possa far bene agli FPS. Vanno considerati e contenuti alcuni limiti legati al sistema di controllo, certo, ma la strada verso il futuro di questo genere sembra segnato. E non potremmo essere più entusiasti, soprattutto se si tratta di impallinare centinaia di non morti.

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