Pachinko – la moglie coreana: 5 motivi per recuperare la serie di Apple TV+

Con la seconda stagione in arrivo il 23 Agosto, ecco 5 motivi per recuperare il prima possibile Pachinko - la moglie coreana»

Condividi

Con la seconda stagione in arrivo il 23 agosto, ecco 5 motivi per recuperare il prima possibile Pachinko - la moglie coreana, il dramma familiare in tre lingue di Apple TV+

Una delle migliori serie tv degli ultimi anni sta per tornare. A distanza di due anni dalla prima stagione, tra qualche giorno debutterà finalmente su Apple Tv+ la seconda stagione di Pachinko – la moglie coreana, la pluripremiata serie tv che adatta il libro bestseller del 2017 di Lee Min-jin. Prodotta da Media Res e raccontata in tre lingue, coreano, giapponese e inglese, Pachinko – la moglie coreana è una serie monumentale, che parte da una storia intima per diventare poi una saga di portata epica, un racconto indimenticabile di guerra e pace, amore e perdita, trionfo e resa dei conti. Nonostante i numerosi premi si tratta di una serie passata inspiegabilmente in sordina, perlomeno qui da noi in Italia, ma che vale assolutamente la pena recuperare. Qui di seguito proviamo a spiegarvi perchè. 

Una serie tv epica 

Basata sul bestseller del New York Times tradotto in più di trenta lingue e la cui realizzazione ha impiegato quasi quattro anni, Pachinko – la moglie coreana è una commovente storia d'immigrazione, di amore e di sopravvivenza che si snoda attraverso quattro generazioni e che segue la vita di Sunja, una ragazza coreana che si trasferisce in Giappone durante la dominazione giapponese della Corea negli anni '10 per arrivare a seguire la famiglia fino alla fine degli anni '80, in particolare attraverso le sorti di Solomon, il nipote di Sunja, che ritorna in Giappone dopo aver studiato e fatto carriera negli Stati Uniti.

La prima stagione ha ricevuto undici premi internazionali, tra cui un Peabody Award, un American Film Institute Award, un Critics Choice Award e un Gotham Indipendent Film Award. Si tratta della prima produzione coreana prodotta in collaborazione con Apple TV e tra le prime produzioni americane trilingue, visto che nella serie si alternano coreano, giapponese ed inglese. Con un budget produttivo di 13 milioni per episodio, Pachinko – la moglie coreana è un period drama, un kolossal, un'epopea drammatica ma allo stesso tempo una storia intima i cui elementi sono bilanciati tra loro alla perfezione.

Parliamo di un'opera dalla forza narrativa e visiva enorme, curata in ogni minimo dettaglio, dalla ricostruzione storica all'approfondimento di ogni singolo personaggio. Saltando da un piano temporale all'altro, la serie delinea con chiarezza e precisione ogni epoca, ma soprattutto tratteggia con magistrale grazia una storia apparentemente piccola, legata ad un contesto storico, sociale e culturale preciso ma che al tempo stesso risulta essere universale e in grado di parlare a tutti. 

Una Storia da scoprire

Dal cinema alla musica, negli ultimi anni la cultura coreana sta vivendo una fase di ascesa e di diffusione ormai innegabile: esiste anche un termine, “Hallyu”, noto anche come “Korean Wave”, letteralmente “Onda Coreana”, un neologismo che sta proprio ad indicare quel fenomeno che vede l'incremento della diffusione su scala globale della cultura e dell'interesse verso la Corea. Pachinko – la moglie coreana si colloca perfettamente in questa tendenza, compiendo però un passo ulteriore: grazie al racconto di un dramma familiare privato, il libro e quindi la serie svelano uno spaccato di storia reale che diversamente sarebbe rimasto sconosciuto a molti occidentali.

Seguendo il filo rosso del racconto multigenerazionale di una famiglia, la serie getta infatti una luce sulla storia della diaspora coreana, iniziata durante l'occupazione giapponese del 1900 e raccontata nell'arco di ottant'anni. Il Giappone aveva infatti annesso la Corea nel 1910 e nel corso di più di trent'anni ha cercato di eliminare la cultura di questo popolo per sostituirla con la propria. Trattati come emarginati e cittadini di seconda classe sia fuori che dentro il loro paese, i coreani non avevano altra scelta se non quella di rimanere in una terra che non era più la loro e vivere così nella paura e nella povertà o lasciare la madrepatria per il Giappone in cerca di una vita migliore. Si tratta dei cosiddetti “Zainichi”, i coreani emigrati, spogliati della propria identità e costretti a rifiutarla per sopravvivere, ma allo stesso tempo legati indissolubilmente ad essa.

Pachinko – la moglie coreana è quindi una storia di immigrazione, che denuncia l'orrore e il razzismo subiti dal popolo coreano sotto il giogo del colonialismo giapponese, senza però mai abbandonare il racconto intriso di speranza e rivalsa capace da sempre di parlare a tutti in uno stesso linguaggio universale. Parte del fascino della serie risiede infatti proprio nella sua componente linguistica, dove l'alternarsi del coreano, del giapponese e dell'inglese esprime al meglio l'autenticità della storia e dell'esperienza dei protagonisti, costantemente alla ricerca di una propria identità che sembra ogni volta sfuggire e che fanno sempre fatica a reclamare. Senza mai essere didascalico o accademico, Pachinko – la moglie coreana ci regala uno sguardo struggente ed emozionante su di uno spaccato storico sconosciuto ai più, che a fine visione ci farà provare vergogna per non averlo conosciuto prima, ma allo stesso tempo gratitudine per averlo finalmente scoperto. 

Un racconto senza tempo 

Per quanto Pachinko – la moglie coreana sia ambientata e si svolga nel corso di ottant'anni di storia realmente accaduta, rimane al suo cuore un magnifico ritratto familiare, in cui la sfera politica e pubblica del contesto viene restituita attraverso la lente di un racconto intimo e circoscritto, e per questo motivo più appassionante e commovente. Dalla matriarca Sunja al nipote Solomon, tutti i personaggi sono tratteggiati con una potenza di scrittura notevole, e nel corso della visione non si può fare a meno che affezionarsi ad ognuno di loro, anche grazie alla bravura di un cast eccezionale che attraverso gesti e sguardi riesce a rendere ogni scena ricca e carica di significato.

I temi dell'identità, del sacrificio, della lotta per la sopravvivenza, della perseveranza, della tradizione contrapposta all'innovazione e della responsabilità delle proprie scelte sono alla base di un intreccio narrativo che si districa elegantemente attraverso piani temporali diversi, mostrandoci ogni volta il confronto tra il passato ed il presente di una famiglia come tante eppure così straordinaria. Pachinko – la moglie coreana si guarda perciò come un grande affresco, dove la vista da lontano restituisce la magnificenza del racconto storico e generazionale, mentre quella da vicino è in grado di far apprezzare ogni singolo dettaglio altrettanto magnifico. 

Pachinko, un titolo che è metafora

Ma cosa significa "pachinko"? Si tratta di uno dei giochi d'azzardo più diffuso in Giappone (la parola deriva da pachi-pachi, onomatopea che indica lo scoppiettare del fuoco), inventato sul finire della Seconda Guerra Mondiale e che nella serie è l'attività della famiglia. Possedere una sala pachinko era comune tra gli Zainichi presenti in Giappone e per questo veniva considerata una professione disonorevole, anche a causa dell'illegalità del gioco d'azzardo nel paese. Si tratta di una sorta di fusione tra una slot machine e un flipper in cui il giocatore lancia una pallina il cui percorso però è determinato da una serie di ostacoli che sottostanno solo alla regola della fortuna.

Muovere le palette per cercare di indirizzare la pallina è quindi inutile, ma come tutti i giochi d'azzardo è la voglia di inseguire la fortuna che spinge ogni giocatore a ritornare nella sala per riprovare. Ecco quindi che la natura del gioco diventa metafora della storia raccontata, dove si evince la distinzione fra coloro che si arrendono agli eventi e coloro che combattono per la speranza di una vita migliore. Nella storia i paletti e gli ostacoli del gioco, che molto spesso possono essere truccati e manomessi, altro non sono che le sfide che la famiglia di Sunja deve di volta in volta affrontare, come le calamità naturali, la morte di persone care, la storia con la S maiuscola e soprattutto le discriminazioni che i coreani in Giappone sono costretti a sopportare.

Come il gioco infinito di una pallina che insegue se stessa, anche il racconto è un ciclo continuo di eventi che si ripetono di generazione in generazione e che ognuno dei protagonisti può combattere solo con la forza delle proprie decisioni. Pachinko – la moglie coreana è quindi una storia di resilienza e sacrificio, che ci insegna come affrontare la sfortuna e le sfide senza mai abbandonare la speranza e la propria forza d'animo interiore. 

Una sigla che non salterete 

A prima vista Pachinko – la moglie coreana potrebbe sembrare un classico dramma familiare dai toni seri e tristi (ed in parte lo è), ma il racconto del dolore della famiglia protagonista non cade mai nel tragico o nel patetico, ma al contrario trasmette nonostante tutto una certa gioia e speranza nell'essere vivi e nel continuare nonostante tutto a combattere per la felicità.

Questo è particolarmente rappresentato dall'opening credit, colorata e gioiosa, in cui vediamo tutti gli attori protagonisti della serie ballare sulle note di una canzone degli anni '60, "Let's Live For Today" dei Grass Roots. Alternando immagini della Corea occupata e foto ricordo dei membri della famiglia, la sequenza passa poi a mostrarci ogni attore nelle vesti del proprio personaggio ballare in modo unico e particolare, insieme o da solo, all'interno della sala pachinko, quasi come a voler costruire un album familiare in movimento in cui le diverse generazioni si incontrano per raccontare la loro stessa storia.

La sigla oltre ad essere bella da vedere, raffinata ed ironica, è una parentesi fuori dal racconto ma al tempo stesso capsula del racconto stesso, una celebrazione di questa famiglia costruita per alleggerire i toni e mostrare i personaggi in una veste inedita, felice e sorridente. In un'era di sovraccarico seriale il rito di guardare i titoli di testa potrebbe essere diventata un'esperienza evitabile, ma nel caso di Pachinko – la moglie coreana la sigla è a tutti gli effetti un piccolo cult imperdibile che vi sarà impossibile saltare. 

Cosa aspettarsi dalla seconda stagione

Dopo aver debuttato nel 2022, la serie ideata da Soo Hugh è pronta ora a consegnare al pubblico il suo secondo capitolo, che continuerà ad esplorare le speranze e i sogni di questa famiglia che si sviluppa per ben quattro generazioni. La prima stagione concludeva il racconto delle due linee temporali rispettivamente alle soglie del Giappone degli anni '40 e degli anni '90. Nella seconda stagione le storie parallele riprenderanno ad Osaka nel 1945, con Sunja costretta a prendere decisioni drastiche per la sopravvivenza della sua famiglia durante la Seconda Guerra Mondiale, mentre nella Tokyo del 1989 vedremo Solomon fare i conti con le conseguenze delle proprie decisioni professionali.

Stando al trailer la storia si preannuncia ancora più epica e travolgente, soprattutto per l'imminente guerra alle porte, ma allo stesso tempo si intuisce che non verrà abbandonato il racconto intimo e profondo della famiglia guidata dalla matriarca Kim Sunja. La serie abbraccerà ancora una volta diversi periodi temporali, luoghi e lingue e vedrà il ritorno dell'incredibile cast della prima stagione, guidato da Kim Min-ha, dal premio oscar Youn Yuh-jung e dalla star coreana Lee Min-ho

E voi che ne pensate della serie? Vi ricordiamo che l'intera prima stagione di Pachinko – la moglie coreana è disponibile su Apple TV+, mentre la seconda stagione debutterà in streaming sulla piattaforma il 23 agosto 2024 con il primo degli otto episodi totali, seguito da un episodio settimanale ogni venerdì fino all'11 ottobre. Commentate se avete un abbonamento a BadTaste+!

Potete trovare tutte le informazioni e le curiosità sulla serie nella nostra scheda.

Lo sapevi? BadTaste è su TikTok!

Continua a leggere su BadTaste