L'episodio più arrabbiato di I Simpson
Prendendo spunto da una vera proposta votata in California un anno prima, I Simpson se la prendono proprio con gli americani
I Simpson: “Tanto Apu per nulla” – Settima stagione, episodio 23
“Se devo rimanere intrappolato in casa è meglio che esca a comprare della birra”
Un orso è arrivato a Springfield e nonostante non faccia molto e venga neutralizzato quasi subito, getta la comunità nel panico. E proprio il panico è il soggetto di questa specie di cortometraggio sulle maniere in cui la paura di qualsiasi elemento estraneo a vite inquadrate, benestanti e “residenziali” sia uno strumento incontrollato di gestione della folla, come influenzi le decisioni politiche e come porti a idee estreme. L’orso da subito fa più paura di quanto sia minaccioso, i media si mobilitano con l’elicottero e inizia il “Rimanete calmi!”.
Non sono idee campate in aria. All’epoca della scrittura della puntata capitava che i notiziari della California riportassero di orsi che arrivavano nei centri abitati, e regolarmente questi avvistamenti erano seguiti da polemiche sovradimensionate “anti-orso”.
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L’arrivo della guardia forestale e della polizia (che mette nel cellulare con la medesima rete usata per l’orso anche Barney, colpito per errore dal tranquillante) scatena l’indignazione a partire da Maude Flanders (“È stato terribile, siamo rimasti intrappolati e… e… abbiamo bevuto l’acqua del water!!”) e capitanata da Homer (“Sono stanco di questi orsi che ci attaccano” e poi “se vuoi che gli orsi vengano a spaventare le nostre famiglie e cacciare i nostri salmoni fai pure!”). La più classica delle folle inquiete arriverà dal sindaco (che intanto sbianchetta documenti) con le sue richieste e l’appello “Pensate ai bambini” il tormentone del segmento con il quale si giustifica qualsiasi cosa. Il risultato saranno camioncini, elicotteri e aerei stealth della pattuglia anti orsi.
L’aumento nelle tasse sarà minuscolo ma, a completare il giro dell’assurda mentalità da folla, sarà percepito da Homer come gigantesco e chiuderà con una frase da puro Trump: “Che gli orsi paghino la tasse per gli orsi, io pago per quella per Homer”. Il sindaco per mantenere buona la folla inferocita per l’aumento (che tira di nuovo in ballo “Perché nessuno pensa ai bambini?” anche davanti al problema delle tasse) darà la colpa agli immigrati non prima di aver commentato “Questi idioti stanno diventando più stupidi o solo più rumorosi?” e sentirsi rispondere “Più stupidi signore” da un suo funzionario che l'ha controllato sulla propria cartellina. Il terrore per gli immigrati, nemmeno a dirlo scatenerà il terzo e più paradossale “Perché nessuno pensa ai bambini?” della signora Lovejoy.
Tutto questo in 5 minuti e 50 secondi dopo i quali può iniziare una puntata che parla di immigrazione e più in generale prosegue sul tema della facile fobia della folla e della tendenza a sovrastimare i problemi con chi viene da fuori ed è percepito come alieno.
[caption id="attachment_370917" align="aligncenter" width="1274"] Nella folla protestante è stato inserito anche Brad Bird, storico consulente alla regia della serie prima di girare il suo lungometraggio d'esordio, Il gigante di ferro[/caption]
È uno degli episodi più arrabbiati e cattivi di I Simpson. La maggior parte del tempo è spesa a indagare i molti modi e le molte forme prese dalla fobia per gli immigrati. Gli attacchi che ricevono sono una fedele rappresentazione dei più frequenti attacchi agli immigrati nella realtà americana (e paradossalmente ovunque, anche da noi), che vengono presi in giro, resi ridicoli o smontati anche solo con una gag. Una delle migliori è quella che si svolge a scuola, dove Uter, lo studente tedesco è preso in giro perché immigrato, Willy arriva tutto combattivo a difenderlo dicendo “Prendetevela con me!” e il preside Skinner lo rimprovera “Willy! I ragazzi vogliono prendersela con qualcuno alla loro altezza!”.
[caption id="attachment_370920" align="aligncenter" width="1270"] I giornali portano avanti la trama della pattuglia orsi[/caption]
C’è una ragione per questa rabbia. Solo un anno prima della stesura della sceneggiatura in California era stata votata la Proposition 187. Il 58% dei residenti aveva cioè votato per levare ogni diritto agli immigrati irregolari di usare strutture dello stato, significa niente scuola pubblica, niente sanità pubblica e via dicendo. La proposta non diventò legge perché dichiarata immediatamente incostituzionale, nondimeno lasciò un segno nel dibattito pubblico. Nella puntata la proposta su cui dovranno votare i cittadini di Springfield è si chiama Proposition 24.
David S. Cohen, lo sceneggiatore della puntata era californiano di adozione.
Come è facile immaginare il più duro di tutta Springfield, la sua anima più nera non è Burns (sempre altero e distante anche nel disprezzo) ma Boe (che poi si rivelerà un immigrato anche lui). È sempre lasciata a lui l’esternazione del peggio, l’America che ragiona con la pancia per il proprio interesse, con il massimo dell’ignoranza, il punto di riferimento verso il basso. Mentre sarà Apu, l’immigrato (tra i molti della serie) che seguiamo. Nella puntata si scopre non solo che i Simpson sono immigrati in America quando nonno Abe era piccolo (con un racconto assurdo ovviamente) ma anche come mai Apu sia venuto negli Stati Uniti e quanto gli manchi l’India. L’immagine perfetta di questo è quando alienato dal lavoro vede da una copertina di una rivista Tom Cruise e Nicole Kidman che gli parlano, ma hanno la voce indiana dei suoi genitori.
Come tipico dei Simpson anche il protagonista positivo, con cui dobbiamo empatizzare, è preso in giro pesantemente. Apu è infatti raccontato come lo studente modello del CalTech, l’istituto tecnico di Calcutta su 6 milioni di iscritti, che prende un dottorato di ricerca programmando Tris con 200.000 schede perforate. Fa ridere ma non era lontano dalla realtà dell’informatica dell’epoca. David S. Cohen è laureato in fisica ad Harvard e ha un master in informatica a Berkeley.
Apu tenterà di ingannare tutti, si farà fare da Tony Ciccione un documento falso e comincerà a comportarsi da americano, cioè molto peggio di come faceva prima, fino a sentirsi in colpa.
Alla fine proprio come con la vera proposition, anche quella nei Simpson viene approvata ma quasi tutti otterranno la cittadinanza e quindi rimarranno. Ad Apu sarà chiesto cosa causò la guerra civile, lui darà una risposta precisa e dettagliata ma l’esaminatore lo bloccherà chiedendo: “Dica solo: la schiavitù”. Sembra la tipica battuta paradossale, invece è un fatto realmente accaduto ad un amico di Cohen all’atto di fare l’esame per la cittadinanza.
Alla fine la votazione sarà stata totalmente inutile quindi, il risultato sarà marginale, valido solo per pochissimi, tra cui, comicamente Willy che verrà deportato in nave! Sono i più ignoranti che ci rimettono alla fine.
Ma non è così che finisce la puntata. Sarebbe stato più facile. Il punto di tutta la rabbia infatti non è solo l’inutilità di questi provvedimenti pensati per non perdere voti e cavalcare l’opinione pubblica. Il vero livore quest’episodio ce l’ha proprio con gli americani, individualmente, con quelle idee, quello spirito e quella noncuranza nonostante la quale si percepiscono come migliori. Quando il commissario Winchester sta preparando la deportazione degli immigrati ricorda ai suoi agenti l’ordine: “Prima gli stanchi, poi i poveri e poi le masse accalcate bramose di respirare la libertà, mi raccomando”, citando quasi letteralmente la poesia incisa alla base della Statua della libertà, che ovviamente dice il contrario, cioè tramite quegli aggettivi elenca le persone che il paese vuole accogliere.
Ancora la chiusa geniale: Apu ormai americano riceve la convocazione a prestare come giurato di un processo, si sente sollevato e felice, ora sì che è un vero americano! Come tale la accartoccia e la butta via mentre Marge dice: “Per fortuna tutto è andato bene per le persone a cui teniamo”.