The First (prima stagione): la recensione
Le nostre impressioni su The First, nuovo progetto di Hulu con Sean Penn
Dal 2017 sono Web Content Specialist l'area TV del network BAD. Qui sotto trovi i miei contatti social e tutti i miei contenuti per il sito: articoli, recensioni e speciali.
Ci troviamo circa nel 2030 e si cerca, tra molte difficoltà, di portare a termine la prima missione umana su Marte. Il clima, per vari motivi raccontati nei primi due episodi, è altamente sfavorevole. La percezione generale è quella di un'attività inutile, uno spreco di denaro pubblico che potrebbe essere destinato ad altre esigenze, e su tutto piove la forte critica sul rischio di vite umane. In un contesto simile, i due volti dell'agenzia sono quello dell'astronauta Tom Hagerty (Sean Penn) e Liz Ingram (Natascha McElhone), CEO della compagnia dietro il progetto. Per otto episodi da 45 minuti seguiamo le loro storie personali e quelle degli altri astronauti selezionati per la missione.
Tuttavia, dal terzo episodio in poi, la serie muta registro. Tom Hagerty non riesce a rassegnarsi alla morte della moglie (Melissa George), non riesce ad affrontarne le circostanze, e ha un rapporto burrascoso con la figlia Denise (Anna Jacoby-Heron). E la serie è ben intenzionata a farci capire tutto ciò a discapito della trama spaziale. La storia allora frena, il ritmo si appesantisce, ci sono incursioni anche nel passato della famiglia, il tutto alternato a sprazzi dalle vite private degli altri astronauti. Nell'ultimo episodio, complice anche l'avanzamento di trama, il ritmo si rialza, ma è un risveglio tardivo.
Al contrario, The First immagina un contesto futuristico, lo riempie di trovate fantascientifiche estremamente verosimili (realtà aumentata, comandi vocali), ma poi non dimostra sufficiente fiducia, e si rifugia in altre storie. Problemi tecnici, esempi di addestramento, nozioni sulla colonizzazione, e il dramma alla base filtrato tramite tutto ciò: The First avrebbe potuto essere tutto questo, ma ha scelto un'altra strada.
Non è escluso, anzi è molto probabile, che una seconda eventuale stagione risolva tutti questi problemi. La storia va nella giusta direzione, e il finale libera la serie da una serie di paletti scomodi. Intanto, per qualche motivo durante la visione il nostro pensiero è andato a Planetes, straordinaria serie d'animazione giapponese del 2003, che raccontava la vita di una squadra di raccolta di detriti spaziali. Un gioiello capace di conciliare perfettamente intuizioni fantascientifiche, un contesto realistico, personaggi veri in un ambiente verosimile. Ecco, questo è l'approccio migliore a materiale di questo genere.