Waco: la recensione

In sei episodi il racconto dei drammatici eventi avvenuti a Waco nel 1993

Dal 2017 sono Web Content Specialist l'area TV del network BAD. Qui sotto trovi i miei contatti social e tutti i miei contenuti per il sito: articoli, recensioni e speciali.


Condividi
TV

Davvero una piacevole sorpresa questo Waco, trasmesso da Paramount Network. Un po' perché l'emittente, che ha sostituito Spike Tv, non è certo una fonte da cui ci attendevamo un prodotto di tale valore, un po' per il prodotto in sé, una miniserie dal taglio asciutto e violento che non passa inosservata. In appena sei episodi ci viene presentato uno scenario già formato, fatto di schieramenti e contrapposizioni fortissime, e di lì parte un'escalation potentissima che culmina in un finale di grande potenza drammatica. Il tutto veicolato da un taglio essenziale, che chiude quando può su storyline e personaggi secondari, e da un cast di ottimi nomi in gran forma. Un piccolo prodotto di grande valore.

La miniserie ricostruisce gli eventi salienti del drammatico assedio di Waco, avvenuto nel 1993 nell'omonima località texana. Una comunità di davidiani vive isolata dal mondo, senza elettricità, guidata da David Koresh (Taylor Kitsch), un uomo che asserisce di essere in contatto con Dio. La comunità entra nel mirino dell'FBI, che decide di intervenire pesantemente sul posto. Dopo una breve parentesi investigativa, gli eventi precipitano e il luogo piomba in uno stallo tremendo che mette a dura prova entrambi gli schieramenti. Al pugno di ferro dell'FBI si contrappone la linea distensiva proposta dal patteggiatore Gary Noesner (Michael Shannon). Seguiamo quindi gli eventi nei drammatici 51 giorni tramite il punto di vista degli assediati (spiccano Melissa Benoist nel ruolo di Rachel Koresh e Rory Culkin nel ruolo di David Thibodeau) e degli agenti (Shea Whigham, John Leguizamo).

John Erick Dowdle – regista di horror in precedenza – fa il salto di qualità curando a 360° la miniserie, tratta da due autobiografie scritte da altrettanti personaggi coinvolti nella storia. Le fonti e l'utilizzo di materiale di repertorio non lasciano scivolare la serie verso una pura e fredda ricostruzione degli eventi dal taglio documentaristico. In sei episodi entriamo negli eventi da più prospettive privilegiate, e lo facciamo appoggiandoci ad uno sguardo che non risparmia il lavoro sulla scrittura dei personaggi e dei dialoghi. Lo sviluppo della serie è emozionante e incalzante, e riesce a trarre il meglio dai pochi episodi a disposizione. Anzi, proprio dove avvertiamo che altri show avrebbero potuto lavorare su parentesi narrative e momenti secondari, lontani dall'azione, Waco affonda come una lama affilata, non allontanandosi praticamente mai dal cuore dell'azione. C'è quindi una crescita costante del ritmo, che si accompagna ad un'escalation di situazioni.

Per certi versi si potrebbe accostare Waco a due prodotti dello scorso anno come Mindhunter e Manhunt: Unabomber. In entrambi i casi il punto di vista dell'analista si contrappone all'utilizzo della forza, e quindi ad una lettura più grezza e radicale delle disfunzioni nella società. Non ci sono killer qui, ma c'è comunque un apparato di sicurezza che si trova impreparato di fronte ad un contesto che non riesce a interpretare, a capire, col quale non sa come interfacciarsi. Allora ecco la figura dell'esperto, non un profiler ma un patteggiatore, che rappresenta l'unico barlume di buon senso in mezzo ad un mare di inadeguatezza da entrambe le parti (ma è chiaro che chi deve garantire l'ordine è chiamato ad un maggiore senso di responsabilità).

Michael Shannon spicca nel cast, e ci fa molto piacere vederlo ogni tanto in un ruolo positivo, ma è la serie nell'insieme a convincere. Lo fa nella sua schiettezza e asciuttezza, senza una parola di troppo, senza un chiarimento di troppo. Giusto una piccola concessione a una scena madre nell'ultimo episodio, ma chiudiamo un occhio di fronte ad una confezione così equilibrata.

Continua a leggere su BadTaste