Una Serie di Sfortunati Eventi: abbiamo visto i primi cinque episodi della seconda stagione

La seconda stagione di Una serie di sfortunati eventi andrà in onda il prossimo 30 marzo

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Il discorso è semplice. Se avete amato la prima stagione di Una serie di sfortunati eventi, con la sua ricercatezza nelle scenografie e ambientazioni, i suoi dialoghi molto costruiti, l'umorismo di Neil Patrick Harris, allora anche questa seconda stagione dello show vi soddisferà in pieno. Se al contrario avete avuto la sensazione di avere a che fare con un prodotto poco incisivo, troppo diluito, troppo teatrale nei dialoghi, e in definitiva non divertente, allora state lontani dalla serie Netflix. Anzi, per dirla con le parole della sigla, "look away". Abbiamo visto i primi cinque episodi, di dieci complessivi, della seconda stagione di A Series of Unfortunate Events, e ve ne parliamo di seguito senza spoiler.

Giusto per rinfrescarci la memoria – ma sono pochi ormai a non conoscere le premesse della serie – la storia è quella dei fratelli Baudelaire, rimasti orfani dopo che i loro genitori sono periti in un incendio. Di tutore in tutore, Violet, Klaus e Sunny devono far fronte alle difficoltà dell'adattamento in un mondo degli adulti spesso odioso e difficile, mentre il perfido conte Olaf cerca di mettere le mani sul loro patrimonio. La seconda stagione avrà dieci episodi, a differenza della prima che ne aveva otto. Rimane la formula che prevede l'adattamento di ogni romanzo in due episodi. Va da sé che questi dieci episodi adattano i romanzi dal quinto al nono compreso. La serie è stata rinnovata per una terza stagione da sette che chiuderà l'adattamento delle opere di Lemony Snicket.

L'adattamento di Netflix delle opere di Daniel Handler, vero nome dietro lo pseudonimo, si caratterizza anche in queste puntate per il forte desiderio di giocare più sulla mitologia della serie e sui retroscena. Allora forse ciò che vale la pena sottolineare sono le differenza maggiori rispetto ai romanzi. Che sì, sono episodici, ma hanno anche un'altra caratteristica che spesso finisce in secondo piano: hanno un punto di vista unico sulle vicende, che coincide con quello dei Baudelaire. Nella serie Netflix, questo semplicemente non c'è. Certo, Violet, Klaus e Sunny sono i protagonisti assoluti, ma c'è anche dell'altro in scena.

Come nella prima stagione i genitori dei Pantano occupavano tutta una loro storyline che correva parallela a quella principale, e come la stessa Jacqueline muoveva le sue indagini per aiutare l'organizzazione segreta VF, così anche in questo secondo anno ci troviamo spesso a lasciare gli orfani in balìa delle loro sventure, per raccontare altro. Questi sono gli unici innesti originali per un adattamento che per il resto si mantiene estremamente fedele alla pagina scritta. Ne risulta una storia indubbiamente episodica, ma che cerca anche una maggiore continuity. D'altra parte Una serie di sfortunati eventi rimane sempre uno show legato all'intuizione del momento, alla situazione assurda ed estemporanea, alla battuta e all'esagerazione.

E tutto questo può essere frustrante e respingente come frustranti e respingenti sono i personaggi con cui hanno a che fare i Baudelaire (fortissima voglia di prendere a sberle il signor Poe ad ogni colpo di tosse). Ancora una volta, la serie è questa, da accettare o respingere. Il tema principale, abbastanza ridondante, è quello della cultura e della capacità critica contrapposto all'ignoranza e alla violenza. Quindi la ricerca di un posto quieto nel mondo dove condividere i propri interessi e potersi sentire a casa. Si ha spesso la sensazione in queste puntate che l'intreccio non sia all'altezza del minutaggio – problema ormai atavico di Netflix – e che ci sia uno scollamento molto forte tra la genialità assoluta dei romanzi e un adattamento che spesso rincorre una perfezione che non può raggiungere.

Eppure è molto da apprezzare la capacità di andare oltre gli standard della tv di qualità, per costruire qualcosa che assomiglia solo a se stesso, che non è drama e non è comedy, e che è grottesco in un modo tutto suo.

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