The Walking Dead 8x02, "The Damned": la recensione

Questo secondo episodio dell'ottava stagione di The Walking Dead ci fa ripiombare nella consuetudine

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The Damned si apre con una lunga sequenza che mostra i primi piani dei protagonisti di The Walking Dead, ciascuno dei quali con un'espressione che ci fa percepire emozioni differenti: dolore, resistenza, affaticamento, speranza, concentrazione e determinazione. Un inizio sicuramente d'impatto ma che al contempo non lascia capire in alcun modo dove voglia andare a parare. Una scelta estetica che inizialmente sembra avere sostanza e che promette l'arrivo di qualcosa dal forte impatto emotivo, creando un'aspettativa che entro la fine dell'episodio si sgonfia completamente.

Mercy (qui la nostra recensione) aveva impostato delle basi solide, anche se attraverso i soliti meccanismi, ma questo secondo episodio purtroppo le distrugge completamente. Neanche l'uso di diverse storyline (quattro per la precisione) aiuta una trama così poco sostanziosa, composta perlopiù da dialoghi che non fanno altro che attorcigliarsi su se stessi. E nonostante l'azione prenda il sopravvento sull'uso della parola, i momenti di vero pathos sono effettivamente pochi: i combattimenti corpo a corpo, ancor più del solito, risultano poco credibili, senza contare l'assenza di risvolti originali nelle varie situazioni vissute dai protagonisti. L'esempio calzante vede al centro Jesus, Tara e un membro dei Salvatori che inizialmente sembrava essersi arreso a loro.

Oltretutto, inaspettatamente, vedendo The Damned l'impressione è che i sopravvissuti stiano combattendo da soli. Il nemico non è tangibile, non si sente la costante minaccia che qualcosa di dannoso stia per accadere e questa è la dimostrazione di quanto Negan sia stato ben costruito nel corso della settima stagione, malgrado la trama sia stata in più occasioni debole. C'è chi si nasconde dietro una lamiera, chi dietro l'angolo di un corridoio e chi poi rispunta in tempo da dietro lo sportello di una macchina per colpire velocemente l'avversario: la modalità di battaglia, che pure ci aveva convinto nello scorso episodio, è diventata ripetitiva.

E così Tara appare vendicativa, Jesus clemente, Morgan esecutore (un personaggio progressivamente sempre meno convincente), Daryl cooperativo ma quasi invisibile, Ezekiel troppo ottimista, Carol sempre attenta a non lasciarsi andare. È infine c'è Rick, sempre più sotto tono. Al contrario degli altri personaggi, lui più di tutti appare come la vittima numero uno di una scrittura gradualmente meno creativa. I sopravvissuti attaccano il nemico su più fronti, si percepisce questo senso di organizzazione sebbene gli spettatori vengano lasciati a debita distanza, tenuti all'oscuro dei preparativi. Di conseguenza, questa battaglia risulta poco eccitante e molto sconclusionata. Il suono dei numerosi proiettili viene interrotto solo da momenti statici e da un finale che, come da programma, ripropone nuovamente quella carrellata di primi piani che all'inizio sembrava tanto promettente. Estetica e ralenti non possono salvare una struttura che si regge su fondamenta poco solide.

L'episodio si conclude con un colpo di scena che vede il ritorno di Morales, personaggio che abbiamo conosciuto nella prima stagione e che aveva lasciato il gruppo di Rick per dirigersi a Birmingham (in Alabama) con i suoi cari con l'augurio di trovare altre famiglie. C'è curiosità per un personaggio che a malapena ricordavamo e che ora sembra essere passato "inaspettatamente" dalla parte dei Salvatori? Lasciamo ai prossimi episodi l'ardua sentenza. Al momento la sensazione che tutto possa essere raccontato nuovamente allo stesso modo e senza un vero e proprio scopo lascia un po' interdetti, specialmente perché anche i personaggi che abbiamo nel tempo imparato ad amare sembrano essersi stancati di reinventarsi.

Per confrontarvi con altri appassionati della serie, vi segnaliamo la pagina Facebook The Walking Dead Italia.

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