The Walking Dead 8x01, "Mercy": la recensione

Ecco la nostra recensione del primo episodio dell'ottava stagione di The Walking Dead, intitolato "Mercy"

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"La mia pietà prevale sulla mia rabbia".

Non poteva esserci frase più enigmatica all'interno di un episodio di The Walking Dead tanto atteso come quello andato in onda ieri sera negli Stati Uniti. L'aspettativa, quest'anno, era ben più alta rispetto a quella all'esordio della settima stagione, nonostante l'arrivo di Negan l'anno scorso fosse stato ampiamente anticipato. Stavolta si sentiva il bisogno di qualcosa che riuscisse a risollevare la situazione di stallo venutasi a creare nel corso del precedente blocco. Serviva di qualcosa di nuovo, e così è stato.

È sicuramente troppo presto per giudicare appieno le strane sequenze ambientate nel futuro che raffigurano un Rick anziano, una Judith ormai verso i dieci anni e una Michonne praticamente non invecchiata, questo perché non hanno ancora trovato la loro forma all'interno della storia. Ma l'efficace montaggio di Dan Liu mescola elegantemente diverse linee temporali, una delle quali ancora avvolta nel mistero. Scombina tutto per poi riportarci verso situazioni più familiari, momenti dove il tempo scorre lentamente e grandi panoramiche rendono ogni cosa più amplificata, quasi come se fossimo con i sopravvissuti a vivere gli attimi prima dello scontro.

Sì, perché The Walking Dead ha abituato il suo pubblico a emozionarsi di fronte ai discorsi d'incoraggiamento di Rick, e a scene toccanti come quella in cui Jesus si rivolge al nemico urlando "Noi stiamo con Maggie". Questa è una comunità che, unita, ha deciso di combattere un male, e che dopo essere sprofondata ha trovato il coraggio di allenarsi per potersi difendere da un eventuale attacco. Addirittura Rick, Maggie ed Ezekiel hanno messo in piedi qualcosa di ancora più grande, ossia un insieme di persone che ha finalmente trovato il coraggio di anticipare le mosse del nemico.

"Poiché chi oggi verserà il suo sangue con me sarà mio fratello, e ogni donna mia sorella".

Con queste parole Ezekiel si aggiunge al già incitante discorso di Rick, e a conti fatti era questo l'anello mancante della settima stagione: il coraggio di osare. Ma com'è giusto che sia in ogni avventura, così come nella vita, per potersi rialzare è necessario prima cadere. Che questo sia avvenuto anche a livello qualitativo non è un segreto. Sui personaggi non c'è molto da dire, ognuno di essi sembra la versione più rafforzata di quella precedente. L'entusiasmo li spinge a combattere e al contempo a non avere paura di abbracciarsi e di confidarsi; anche se questo atteggiamento baldanzoso nei confronti della vita non sembra tranquillizzare il giovane Carl. Con lui l'episodio ripiomba in momenti più forzati e retorici, istanti che per assurdo cancellano il carattere cinico e da cattivo ragazzo che avevamo imparato ad apprezzare durante la scorsa stagione. Ma questa breve parentesi che lo vede protagonista (così come tutto l'episodio) serve a impostare le basi per un futuro che mai come prima d'ora era apparso così incerto. Padre Gabriel, infine, è forse il personaggio che attira maggiormente l'attenzione, al contrario di quanto fatto nelle stagioni precedenti. In pochi minuti riesce a prendersi la scena lasciandoci inavvertitamente interdetti e, perché no, col fiato sospeso.

"Mercy" è l'inizio di qualcosa che al momento non sembra avere alcun significato, e forse è proprio attraverso questo senso di incertezza che l'ottava stagione dello show creato da Frank Darabont ci stupirà di più. Mettere lo spettatore in uno stato di spaesamento, a questo punto dell'opera, è sicuramente una trovata intelligente da parte degli autori che, attraverso l'uso del tempo, dell'immaginazione e del mistero hanno forse trovato il modo giusto per riparare a quei tempi morti che inevitabilmente avevano allontanato parte del pubblico.

È un episodio da consigliare? A nostro avviso sì, perché a conti fatti non ha nulla di diverso dal The Walking Dead che ha fatto innamorare milioni di persone poco più di 7 anni fa. Quasi un ritorno alle origini: liste di cose da sbarrare, esplosioni a catena frutto di un piano che ha delle falle (noi non vogliamo degli eroi, ma degli uomini che possono anche sbagliare), sconfitte, inciampi e recuperi improvvisi. Il discorso quindi è proprio questo: The Walking Dead non è cambiato, è sempre lo stesso. La sua evoluzione è stata solo tematica, per via dei cambiamenti d'ambientazione e dell'inserimento sempre molto repentino e improvviso di nuovi personaggi. Questa è una serie che rispecchia per assurdo tutti gli elementi di uno show procedurale, appare come un open world ma finisce sempre per parlare di un gruppo di persone che vuole sopravvivere all'interno di una recinzione. Gli zombie hanno smesso di essere un problema tanto tempo fa, o forse sono sempre stati solo un pretesto.

Per confrontarvi con altri appassionati della serie, vi segnaliamo la pagina Facebook The Walking Dead Italia.

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