Lore (prima stagione): la recensione
Vampiri, lupi mannari e possessioni nella cultura popolare, la serie di Amazon intitolata Lore ne ricostruisce le origini
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L'impostazione degli episodi, ognuno slegato dagli altri, si appoggia fortemente al podcast da cui è tratta. La voce di Mahnke introduce il tema dell'episodio rievocando sensazioni familiari per quanti già conoscono il materiale originale e costruendo uno stile peculiare e riconoscibile che funziona anche tramite reiterazioni attese. Si tratta di una narrazione esterna che sovrasta in ogni momento la narrazione interna, e alla quale in ogni momento la serie dà l'impressione di riferirsi. La voce ritorna, spiega, puntualizza, interpreta, trae le conclusioni. Di fatto apparecchia la tavola, cucina e gusta un cibo che dovrebbe essere destinato ad altre bocche.
L'adattamento da un medium all'altro dovrebbe tener presente le specificità e le sensazioni evocate. Nel caso del podcast il fondale orrorifico di Lore si sposa bene con una narrazione asettica che lavora per suggestioni partorite alla mente stessa dell'ascoltatore, che crea i mostri con la propria mente e dà forza alla concatenazione di parole. Tutto ciò per ovvi motivi non esiste in una serie tv che offre fin troppi punti di vista sulle vicende storiche e umane che vuole raccontare. Al contrario, questa molteplicità di sguardi si riduce in un minore impatto per ognuno di essi, di fatto limitato dal flusso narrativo in cui è inserito.
Anzi, a volte abbiamo la sensazione di un approccio rovesciato in cui l'effetto genera le cause, come quando nel primo episodio la collocazione del vampiro, a partire da un fatto di cronaca, viene spostata alla fine dell'800, quando le origini della creatura sono ben più antiche. Suggestionare, spaventare, informare: perseguire singolarmente questi obiettivi è possibile, ma farlo allo stesso tempo rischia, come in questo caso, di soffocare ogni elemento interessante in una messa in scena che tende al ribasso.