Ozark (prima stagione): la recensione
Ozark è la nuova proposta di Netflix: un cupo thriller che ha qualcosa di Breaking Bad e Justified, con Jason Bateman e Laura Linney
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Protagonista, quindi, è la famiglia Byrde. Lui è Marty (Jason Bateman), promotore finanziario che rischia la vita nel momento in cui un suo pericoloso cliente scopre una grossa perdita. Per avere salva la vita, l'uomo tenta il tutto per tutto affermando di poter riciclare una grossa somma di denaro in poco tempo. Per far questo si trasferisce con l'intera famiglia nella località che dà il nome alla serie. Lei è Wendy (Laura Linney), che lo segue non senza qualche remora sulla questione, mentre i due figli sono Charlotte e Jonah (Sofia Hublitz e Skylar Gaertner). Il pericolo imminente si inserisce in un momento di crisi già esistente, con la coppia in aperto contrasto, tra segreti e bugie. Una volta giunto sul posto, Marty scopre che questo non è affatto tranquillo, e che un fitto sottobosco criminale si agita già. Non sarà facile realizzare il proprio proposito.
Colpisce il fatto che dopo poco tempo tutta la famiglia Byrde, figli compresi, è a conoscenza di quello che sta accadendo. Accade quindi che, invece di giocare sul contrasto tra la necessità di cavarsela e quella di mantenere il segreto, la lotta per la sopravvivenza diventa condivisa. È un rischio, il più grande che Ozark si assume, eppure giocando sul grottesco e su alcuni momenti esagerati, anche Charlotte e Jonah riescono ad essere tirati dentro. E questo senso di violenza esagerata, come nella scena in cui una donna viene investita nella più classica delle scene con “incidente a sorpresa” oppure in alcuni dialoghi tra Marty e Wendy, in qualche modo dovrebbe bilanciare la cupezza generale dell'ambientazione.
Il tono della storia viene bilanciato sottilmente. È dark e senza speranza, ma lo è quel tanto che basta da non sfociare mai nel completo dramma. Rimane sempre quello spazio di godibilità, quell'aggancio nei dialoghi o nella storia che riporta il tutto ad una visione di genere.