Zoolander 2, la recensione

Con spirito forse anche troppo immutato, Zoolander 2 ritrova quell'umorismo ma non riesce mai ad emanciparsi dalla sudditanza verso il primo

Critico e giornalista cinematografico


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Atteso, auspicato e finalmente girato e distribuito, Zoolander 2 arriva a 15 anni di distanza dal primo film con un grande peso sulle spalle. Per un incrocio incredibile di circostanze, oltre che per meriti effettivi di Ben Stiller, quel film scoperchiava un universo ancora vergine dalla comicità e dalla presa in giro: il mondo della moda maschile. In più metteva in scena per la prima volta tutto insieme quell’umorismo e quelle chiavi di lettura grottesche della realtà che Ben Stiller aveva affinato con l'esperienza in televisione. Con grande anticipo sulla maniera in cui la costruzione dell’immagine individuale è diventata centrale grazie ad internet e ai social network, Zoolander ha poi continuato a rimanere centrale nel discorso sociale per più di un decennio.Il film cerca di ripercorrere i passi del precedente e vive nel suo mito, vive delle sue scene madre e cerca di avere i medesimi punti di forza

In buona sostanza Ben Stiller era al suo terzo film da regista e sceneggiatore (ma il primo comico dopo le commedie Giovani, carini e disoccupati e Il rompiscatole), e aveva portato in sala una bomba che non fu fermata nemmeno da un terribile flop al botteghino.

In Zoolander 2 tutto questo peso è evidente, il film cerca di ripercorrere i passi del precedente e vive nel suo mito, vive delle sue scene madre e cerca di avere i medesimi punti di forza. Quell’esibizione di cammeo che nel primo film erano una straniante novità (tutti sono annunciati per nome e cognome!) qui suona forzata, come forzata è la riproposizione di praticamente tutti i personaggi di quell’avventura (l’arrivo di Milla Jovovich, nonostante in due scene regali subito sprazzi di immensa presenza scenica, è il più inutile e grottesco di tutti) o la loro sostituzione con degli equivalenti (Sting occupa la casella del “cammeo musicale clamoroso” che nel primo film spettava a David Bowie).

Di certo non è freschezza o originalità che mancano al film, tale era la spinta del primo che anche questo sequel camminando sui suoi passi continua ad apparire fresco, ciò che gli manca semmai è l’autonomia. E per quanto sembri che Ben Stiller riesca a fare in modo che l’umorismo non ne esca danneggiato, lo stesso il ritmo del film lo è.

È ottima la scelta di ambientare tutto in un altro luogo, cioè Roma, come è ottima l’idea di avere una cospirazione di nomi illustri e anche la storia della polizia della moda, tutti spunti che sembrano abitare perfettamente il “mondo Zoolander”, molto meno è la maniera in cui ognuno di essi vada necessariamente risolto con una variazione sul tema del primo film.

Pur riuscendo a trovare ancora idee folgoranti (i luoghi in cui Hansel e Zoolander si sono nascosti, la vecchia pubblicità dell'acqua di Colonia o anche tutta la parte di Kristen Wiig) e di fatto vincendo la sua sfida a colpi di risate, Zoolander 2 in nessun momento riesce ad emanciparsi dal dover replicare ossessivamente l’opera di cui è figlio, risultando alla fine più una divertente celebrazione di quell’epopea e quelle trovate che un loro prolungamento.

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