Zombillenium, la recensione

La nostra recensione di Zombillenium, film diretto da Arthur De Pins e Alex Ducord presentato al Trieste + Science Fiction Festival

Condividi

Il film è stato presentato al Trieste Science + Fiction Film Festival 2017

Arthur de Pins, autore della graphic novel, ha deciso di collaborare con Alexis Ducord per portare sul grande schermo la storia di Zombillenium, ambientata in un parco dei divertimenti davvero speciale. Sono infatti zombi, vampiri, lupi mannari, demoni e mostri, la cui anima appartiene al diavolo per l'eternità, a dover intrattenere gli esseri umani annoiati e poco interessati. La situazione dei “lavoratori” prende una svolta inaspettata quando arriva nella struttura l'ispettore della sicurezza Hector, la cui determinazione a porre fine all'attività lo porta a essere “morso” da Francis, il direttore del parco che vuole mantenere il segreto che si cela dietro l'apparenza. Hector, dopo l'attacco, si trasforma però nella nuova star di Zombillenium, mentre sua figlia non riesce ad accettare la “morte” del padre e si avvicina sempre di più alla scoperta di una realtà incredibile.

I due registi, alla prima esperienza alla guida di un lungometraggio, sono riusciti a confezionare un film di buon livello in cui gli elementi grafici accattivanti non mettono in secondo piano una sceneggiatura ricca di spunti brillanti e un rapporto tra i vari personaggi gestito con l'attenzione necessaria a creare un buon equilibrio tra intrattenimento e la voglia di offrire un approccio satirico alla società contemporanea. Ogni presenza nella numerosa lista di “mostri” e “creature” appare ben definita e distinta, dotata di una personalità individuale utile a sviluppare l'idea che il diverso sia forse più normale di quanto si vorrebbe credere e ci si possa ribellare agli schemi che vengono imposti per rivendicare il proprio diritto a essere unici. A livello tecnico non si può non lodare l'uso delle luci e delle ombre, soprattutto nell'elaborato doppio scontro finale che si sposta persino tra le nuvole a un ritmo vertiginoso, e un'animazione particolarmente tridimensionale e realistica nella rappresentazione degli spazi e degli oggetti, visivamente di grande impatto.
Il passaggio dal fumetto al film, considerando i cambiamenti necessari per adattarsi al diverso mezzo di comunicazione, risulta comunque ben strutturato e fedele allo stile e all'atmosfera della narrazione, anche grazie al montaggio dinamico e pieno di ritmo e all'utilizzo di una colonna sonora centrale e coinvolgente. La natura originale della storia viene comunque ricordata e valorizzata fin dai titoli di testa che raccontano la creazione del parco quasi come se si trattassero di tavole del fumetto.

Durante la visione diventa a tratti naturale pensare a classici del cinema dedicati alle stesse tematiche, in particolare ai Burtoniani Edward mani di forbice o Nightmare before Christmas, tuttavia il lungometraggio trova una dimensione propria e si distanzia dalle fonti di ispirazione creando attraverso la storia di Hector un mondo complesso e ricco di dettagli, mai banale e costruito su un gioco di contrasti cromatici e contraddizioni emotive, facendo emergere la bellezza interiore delle creature abitualmente considerate mostruose passo dopo passo e seguendo l'evoluzione di un padre e del suo legame con la figlia.
Gli spettatori possono inoltre divertirsi a riconoscere e a individuare gli innumerevoli easter egg contenuti nel lungometraggio: oltre a Thriller di Michael Jackson che viene esplicitamente citato, non si possono ad esempio notare le creature in stile Monsters & Co, le scritte che citano The Walking Dead, i poster con la grafica di American Horror Story: Freak Show o persino le t-shirt dedicate a popstar come Britney Spears o ai gruppi rock. Risulta inoltre particolarmente divertente e ironica la rivalità tra zombie e vampiri per essere le star del parco, considerando poi che il villain sembra ispirato a Edward Cullen di Twilight, per il look che conquista le ragazze e la sua capacità di “risplendere” alla luce del sole.

Gli umani, mostrati quasi sempre stanchi, annoiati, insofferenti e indifferenti, sono messi intelligentemente a confronto con chi lavora a Zombillenium, all'energia sul palco e ai loro incredibili poteri che permettono di superare i confini dello spazio e andare oltre ostacoli emotivi e fisici. La presenza di uno sguardo innocente e “pulito” come quello della bambina offre poi la possibilità di avvicinarsi al mondo creato da de Pins da più punti di vista, comprendendo la diversa visione sugli eventi da parte degli adulti e della piccola, in grado di andare oltre i pregiudizi.
Rivolgendosi con efficacia a un pubblico di tutte le età, Zombillenium centra i suoi obiettivi con grande naturalezza, trasportando gli spettatori in una dimensione con moltissimi punti di contatto con la società contemporanea, risultando quasi una versione al contrario in cui vengono ribaltati preconcetti e stereotipi.

Continua a leggere su BadTaste