Zombies 3, la recensione

Dopo aver integrato gli zombie e i lupi mannari, ora la comunità di Seabrook scopre che le proprie origini non sono poi così umane

Critico e giornalista cinematografico


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La recensione di Zombies 3, in arrivo su Disney+ il 13 luglio

Quella di Zombies è una saga per iniziati. Parte tutto con Zombies & Cheerleader, film per la tv (Disney Channel) del 2012 che 6 anni dopo viene rifatto con altri attori (ma stessi personaggi) come Zombies e diventa una saga che si guadagna dopo due film la promozione a Disney+ e l’arrivo, ora, del nuovo terzo capitolo. È cinema musicale zuccheroso e di buonissimi sentimenti, che non ha nessuna pretesa di lavorare sul serio su costumi e trucco, anzi, come per i musical teatrali stilizza, accenna, fa gli zombie tutti con i capelli verdi e i colori viola, mentre il resto della scuola è divisa in persone vestite di rosa e persone vestite di azzurro, sembrano vivere nel paesino di Edward Mani di Forbice. Puro impatto visivo, produzione di livello televisivo basso, canzoni, coreografie di gruppo, buonumore e (a sorpresa) temi sociali raccontati meglio di molte altre produzioni.

Perché la storia è quella degli zombie che vivono assieme agli umani, controllandosi con un braccialetto che gli leva la fame e la rabbia, ma che sono trattati come cittadini di seconda classe al limite dell’apartheid. Però tra uno zombie e un’umana (la cheerleader bionda che in realtà ha i capelli bianchi ma terrorizzata di non essere accettata usa una parrucca bionda). Lungo il primo film lui riuscirà ad entrare nella squadra di football e farsi accettare, cambiando la condizione degli zombie e rendendo la società più integrata. Nel secondo film entrano in gioco anche i lupi mannari, anch’essi marginalizzati, che affermano di voler riscrivere i libri di storia del liceo che frequentano perché raccontano la storia degli scontri con gli uomini in maniera faziosa e sbagliata, dipingendoli male, e fanno capire a Zed (lo zombie protagonista) che per integrarsi ha rinunciato a chi era, alla sua cultura e al suo specifico. Non lo dicono mai, ma noi capiamo che Zed è diventato bianco. Così troveranno una maniera di far convivere non solo le persone ma anche le diversità culturali, senza doversi fingere umani.

Ora il terzo film introduce un’altra razza ancora (gli alieni), si scopre che anche Addison, la cheerleader, ha origini aliene (quindi nessuno è davvero bianco e umano) e ci sono nuovi diritti da conquistare perché finito il liceo le università non accettano zombie e Zed vuole invece riuscirci. In pratica questa serie di film tra musiche e romanticherie preadolescenziali, non racconta solo l’integrazione ma il fatto che l’integrazione è un processo che non finisce con una conquista, anzi è un percorso fatto di continui passi avanti lenti, nel quale non bisogna mai arrendersi e continuare a lottare, perché c’è sempre qualcuno che vuole chiudere una porta e che qualcuno, per natura, nella nostra società dovrà sempre lottare più di altri.

Non solo, la cosa più sorprendente è che nonostante presupposti risibili tipo “Ho sempre creduto che fare la cheerleader possa unire le persone diverse e perché no, anche i pianeti diversi!”, Zombies ribalta totalmente i ruoli convenzionali, quelli che hanno sempre identificato nelle cheerleader e nei giocatori di football le parti più integrate della società, i conformisti. Nel ruolo dei migliori (i più belli, i più popolari, i più ammirati) mette quelli che di solito sono i reietti e devono guadagnare diritti, così che questa storia di conquiste sociali sia anche una fedelissima allo spirito tradizionale americano. I diritti per tutti infatti non arrivano tramite l’azione della collettività o di un gruppo sociale ma tramite l’eccezionalità di uno o più singoli. 

Forse davvero solo la Disney poteva trovare una maniera di rimodulare l’individualismo statunitense e farne un’arma di racconto della fatica infinita che costa creare una società inclusiva, in cui i diversi sono tanti e non un tipo solo, in cui non devono rinunciare a chi sono e in cui il mutamento è continuo.

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