Zerocalcare - Dimentica il mio nome, la recensione

Abbiamo letto e recensito per voi Dimentica il mio nome, l'ultimo libro di Zerocalcare pubblicato da BAO Publishing

Alpinista, insegnante di Lettere, appassionato di quasi ogni forma di narrazione. Legge e mangia di tutto. Bravissimo a fare il risotto. Fa il pesto col mortaio, ora.


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Dimentica il mio nome 01Se riusciremo a convincervi, alla fine di questa recensione penserete che Zerocalcare è un baro, un genio e un poeta. Non necessariamente in quest'ordine. Questa convinzione dovrebbe essere frutto della lettura del suo ultimo libro, Dimentica il mio nome, uscito ormai ben due settimane fa in tutte le librerie, che vi attenderà sugli scaffali di Lucca Comics & Games 2014. Siamo certi che il nuovo volume ripeterà e migliorerà i risultati di vendita impressionanti degli ultimi lavori. Ne siamo certi perché la fanbase di Zerocalcare non accenna a smettere di crescere e perché la qualità del suo fumetto si comporta esattamente nella stessa maniera. Dimentica il mio nome è più bello e più maturo (e molto più lungo) del suo già notevole predecessore di un anno fa: Dodici.

Il volume racconta la storia della famiglia di Zero, a metà tra la consueta autobiografia a cui Michele Rech ci ha abituati e una buona dose di intreccio fantastico (difficile districare l'una dall'altra e capirne i confini). Nonna Huguette, di nazionalità francese e di marito inglese scomparso durante la guerra, è morta. La malinconia non è certo un tratto latente del carattere del nostro autore/protagonista, che infatti si tuffa nel passato e ricostruisce, passo dopo passo, la rocambolesca vita della madre di sua madre. Una storia che nasconde diversi misteri, molti dolori e qualche avventura. Come sempre, le nostre radici contribuiscono in maniera decisiva a renderci ciò che siamo e, raccontando la vita e le peripezie di sua nonna, scoprendole anche lui per la prima volta assieme al lettore, Zerocalcare ci parla di se stesso come fa sempre nei suoi libri, raccontandoci i tratti già noti della sua identità.

Ed è qui che, come sappiamo, Zerocalcare è un genio. Un genio del linguaggio e della comunicazione, per la sua capacità di tradurre in immagini generazionali qualunque sentimento ed esperienza. Che sia l'ennesima (e, questa sì, decisamente già vista) dichiarazione d'amore al quartiere di Rebibbia, la fotografia del bullismo infantile anni '80 incarnato dall'esercito di Hokuto di Raoul o il ritratto quasi istantaneo di una famiglia nobiliare russa in esilio all'indomani della rivoluzione bolscevica declinato come una puntata di Downton Abbey, Michele riesce a regalarci momenti di grande comicità e assieme di tenerezza con una naturalezza quasi priva di sforzo. Zerocalcare è un genio nell'apparire ingenuo (perdonate il gioco di parole) nel costruire il suo immaginario e presentarcelo, nell'essere una sorta di J.D. Dorian del fumetto che riversa se stesso sulla pagina. Ma questo lo sapevamo già.

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Quel che potevamo immaginare e trova conferma nella lettura di Dimentica il mio nome è che oggi Zerocalcare è anche un narratore. La sua voglia di raccontare storie, iniziata in maniera traballante con Un polpo alla gola e proseguita con idee migliori in Dodici, lo porta a dare una struttura decisamente più complessa al suo nuovo libro. Le linee temporali si alternano tra loro: da un lato il passato di nonna Huguette, dall'altro il presente di Zerocalcare, inframmezzato dai suoi ricordi di lei durante l'adolescenza e l'infanzia. Ricordi che non mancano di rimpianti e tardivi pentimenti e che ci regalano momenti di lettura piuttosto intensi. Ed è qui che Zero si dimostra per ciò che è: un poeta. Se Umberto Eco poteva dirlo di Charles Schultz, umilmente noi lo diremo di Zerocalcare. Un maestro assoluto nell'abilità di far risuonare la sua personalità con la nostra e nel toccare le corde delle emozioni dei lettori. Sicuramente lo aiutano la carica generazionale del suo fumetto, il ricorso alla cultura pop che lo ha contraddistinto negli anni, ma se questo è il linguaggio che gli è più congeniale, in Dimentica il mio nome troviamo alcune trovate grafiche, piccole definizioni, modi per tradurre i vari momenti della vita in immagini che ci lasciano davvero stupiti. Impossibile non restare ammirati dal modo in cui Zerocalcare riassume il cambiamento di aspetto e assieme di personalità che ci capita addosso quando invecchiamo. Diventiamo dei prismi, ci dice, e finiamo per mostrare più volti a seconda dei giorni, dell'età, del momento. Tutti i volti che abbiamo avuto durante la nostra vita. C'è poesia linguistica e visiva in questo e molti altri momenti del libro e, sotto questo aspetto, il fumetto di Zero non ha mai smesso di migliorare, toccando qui il suo punto sinora più alto.

Dimentica il mio nome 02Ma dobbiamo tornare alla narrazione, alla sceneggiatura. Perché è qui che sta il tentativo e lo sforzo vero di maturazione di Dimentica il mio nome. Intrecciando una realtà decisamente rocambolesca a un'invenzione da racconto fiabesco e quasi allegorico, Zerocalcare ci sorprende a metà del libro, cambiando completamente marcia. Si allontana dalla biografia e dall'autobiografia per tuffarsi quasi totalmente in una storia. Non più una cornice come lo è stata in Dodici, ma una storia storia. Quella di Nonna Huguette e dei suoi segreti finalmente svelati, delle persone importanti della sua vita, dei suoi amici e dei suoi nemici, della sua famiglia del tutto particolare e del percorso che l'ha portata ad essere la madre di Lady Cocca, la nonna di un fumettista ex-punk ed ex-graffittaro e una delle abitanti di Rebibbia meno integrate con il contesto del quartiere romano. Per la prima volta, la storia diventa il vero protagonista di un libro di Zerocalcare e funziona perfettamente. Funziona perché Zero è migliorato come disegnatore e sa raccontare all'interno della tavola in maniera molto più matura rispetto a un anno fa, oltre ad aver trovato nuove chiavi stilistiche e imparato a manipolare il suo tratto per creare effetti d'atmosfera del tutto nuovi, ricordandoci in parte il percorso di Leonardo Ortolani, che ha saputo darci prova negli anni di come si possa avere uno stile molto connotato pur sapendolo adattare alle singole situazioni. Funziona perché Zerocalcare è migliorato come scrittore e la sua sceneggiatura è molto più strutturata rispetto a quella di Dodici. Gli indizi vengono seminati con cura lungo la storia, i fili della vita di Huguette vengono suggeriti, lasciati intravvedere e poi ripresi in maniera funzionale, senza strappi o forzature evidenti e la lettura è scorrevole e coinvolgente.

Funziona, però, anche perché Zerocalcare è un baro. Perché quando hai una nonna e una madre con una vita così, quando le avventure (e che avventure) te le trovi scritte nel patrimonio genetico, quando hai radici fatte di orfanotrofi francesi, vite sotto copertura, identità nascoste, guerre mondiali, educazioni nobiliari e forti emozioni, è più facile scrivere uno dei fumetti più belli dell'anno. Dimentica il mio nome è questo: uno dei fumetti più belli del 2014. Quel che ancora non sappiamo dire è se Zerocalcare sia diventato davvero uno dei narratori a fumetti migliori che abbiamo. Perché se è vero che è migliorato enormemente nel raccontare la sua storia, se è vero che le caratteristiche e i punti di forza che lo hanno reso grande sono ancora tutti lì e contestualmente cresciuti, è impossibile dire se e quanto sarà in grado, prima o poi, di partire da zero. Chissà, forse non ne avrà mai nemmeno il bisogno e la sua vita continuerà a regalargli sempre spunti interessanti, vicende appassionanti come la splendida epopea familiare di Dimentica il mio nome. Eppure, facendogli un lungo applauso per questo piccolo gioiello che abbiamo tra le mani e che tutti voi dovreste leggere con parecchia attenzione e con le lacrime agli occhi (non importa se per le risa, la commozione o qualunque sfumatura di colore trovi spazio tra le due nella vostra vita), non possiamo che augurarci di vederlo prima o poi alle prese con qualcosa di interamente originale, una storia di pura fantasia. Gli strumenti ci sono tutti, tra le sue pagine. Se un giorno accadrà e il suo cammino manterrà la direzione che ha avuto sinora, probabilmente grideremo al capolavoro.

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