Zagor 631: Il ritorno di Blondie, la recensione
Abbiamo recensito per voi Zagor 631: Il ritorno di Blondie, opera di Zamberletti e Piccinelli
Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.
Il numero 631 di Zagor, uscito in edicola venerdì 2 febbraio, meriterebbe una recensione a parte dedicata solo alla copertina. L'ha firmata Alessandro Piccinelli, colui che ha raccolto nell’ottobre 2016 (Zagor 615: Zenith 666) la pesante eredità lasciatagli da Gallieno Ferri come copertinista della serie che ospita l'eroe creato insieme a Guido Nolitta, meglio noto come Sergio Bonelli; non un compito da poco, in cui Piccinelli è riuscito senza rinunciare alla propria notevole classe e applicando con cura i canoni e l'insegnamento del maestro. È stato in grado - per farla breve - di riprodurre la magia con la quale Ferri era solito sintetizzare l'essenza di un racconto in un'unica potente immagine.
Per fortuna, le regole che governano lo scorrere del tempo non valgono nella fantasia: Antonio Zamberletti annulla il lungo lasso di anni editorialmente trascorso da allora e dà il via alla vicenda in Pennsylvania, tra i boschi dei Monti Appalachi. Lì, ritroviamo Blondie, nel carcere femminile di Stafford, presumibilmente non molto dopo che Zagor l'ha assicurata alla giustizia, al termine del loro primo incontro.
Lo scrittore lombardo con il supporto artistico del disegnatore romano costruisce un intreccio di ampio respiro e dal sapore - secondo copione - decisamente western. È solo il prologo, tuttavia: non possiamo immaginare cosa ci riserveranno i due autori nei successivi mensili di marzo e aprile, in cui la trama si svilupperà e avrà soluzione.
Valutando i contenuti e le premesse di questo episodio, ci attende una storia davvero avvincente che promette di rispettare tutte le aspettative sollevate fin dal suo annuncio.