Zagor 607 – 608: Il ritorno dei Lupi Neri, la recensione

Abbiamo recensito per voi Il ritorno dei Lupi Neri, l'ultima storia scritta da Ade Capone per Zagor

Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.


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Il mese scorso è arrivato in edicola l'ultimo fumetto scritto da Ade Capone. Il caso ha voluto che lo scrittore emiliano si accomiatasse dai propri lettori con un'avventura dell'eroe bonelliano a cui si sentiva più legato da un punto di vista professionale e affettivo: Zagor.

Il ritorno dei Lupi Neri è uscito nel brossurato di febbraio e si è concluso nelle successive 40 pagine di quello di marzo: L'ombra del faraone. Come sapete, il progetto è nato inizialmente per un Color Zagor ed è stato poi riadattato per la serie regolare, in modo da essere rilasciato 12 mesi dopo la dipartita del suo autore. È stato un omaggio tributatogli dall'amico e collega Moreno Burattini e da tutto lo staff dello Spirito con la Scure.

Per il suo atteso ritorno alla creatura di Guido Nolitta e Gallieno Ferri, Capone attinge a piene mani dal pantheon primigenio dei personaggi zagoriani, portando a compimento alcuni intrecci rimasti in sospeso. Non si limita solo a questo però; la sua creatività sempre indirizzata all'innovazione lo porta a fondere elementi preesistenti e tradizionali in qualcosa di nuovo e suggestivo. Così accade per lo spietato corpo paramilitare del colonnello Otto Kraus (che intitola il racconto) e per un nemico che solo i fan di lunga data possono ricordare. Parliamo di Sam Fletcher, alias Iron Man, figura ispirata chiaramente all'omonimo supereroe Marvel, dotato di una armatura e di un elmo che lo rendono quasi invincibile. Dal loro connubio viene generata una terribile e devastante minaccia per la Foresta di Darkwood e i suoi abitanti.

Gli Iron Wolves sono nati dalle ceneri dei Lupi Neri, indossano una corazza basata sui lavori originali di Fletcher e vogliono sterminare tutti i Mohawk guidati dal loro capo Tonka, fratello di sangue del protagonista. A comandare il neonato gruppo di guerriglieri sono Manuel Cordero, ex luogotenente di Kraus e il generale Brad Trafford, spinto da un odio cieco nei confronti degli indiani; ci verrà spiegato il perché nel prosieguo della vicenda che può essere presa a emblema del paradigma del soggetto ideato da Sergio Bonelli nel 1961. Intendiamo un chiaro e solido substrato western con evoluzioni nei generi e nei media più disparati, dalla fantascienza all'horror, dal cinema alla letteratura.

La storia è particolarmente avvincente, lineare, fluida. Nessuna vignetta è superflua, ognuna è un tassello necessario ad arricchirla, a confluirle ritmo, drammaticità. Non ci sono momenti di pausa né di distensione o comicità, per l'assenza di colui che solitamente li procura, Cico. L'azione è intervallata solo dalla riflessione e dalla presa di coscienza dell'odio razziale, della follia umana.

Nel secondo albo assistiamo a uno scontro feroce e violento tra i contendenti da cui emerge tutto il mestiere e la classe di Paolo Bisi, che interpreta al meglio la dinamicità della sceneggiatura di Capone, moderna e cinematografica. L'artista piacentino dimostra di sapersi orientare tra i meandri e la macchia di Darkwood tanto quanto il suo campione e difensore.

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