Your Name, la recensione
Fenomeno del botteghino nipponico, Your Name è una grossa delusione. Povero di idee e di immaginazione, ha solo una trovata e dura pure poco
Un ragazzo e una ragazza, di colpo e senza una ragione apparente, si scambiano i corpi. Lui si sveglia nel corpo di lei, in provincia, lei si sveglia nel corpo di lui, in città. E poi di nuovo tornano ad essere se stessi il giorno seguente e poi di nuovo ancora uno scambio quello dopo. Inizialmente scombussolati dall’evento, con il tempo cominciano quasi a prenderci la mano, si lasciano messaggi sui cellulari, si avvertono reciprocamente di cosa non fare o cosa fare e, paradossalmente cominciano a conoscersi fino a che il fenomeno non cessa. Qualcosa ha rotto il meccanismo, ci sarà un colpo di scena e poi ancora una corsa contro il tempo per salvare tutto, una possibile catastrofe e, forse magari, la possibilità di stare davvero insieme.
La storia d’amore tra i due protagonisti ha nell’elemento fantastico l’unico punto distintivo, altrimenti sarebbe molto convenzionaleMakoto Shinkai con crescente convinzione ingarbuglia la trama, sposta i tempi, trasporta i personaggi e si concede ogni genere di azzardo fantasioso senza la capacità di immaginarlo da zero ma solo frugando nel bagaglio del già fatto e aggiungendo pochissimo al noto. Il risultato è che Your Name non genera nemmeno un’immagine o un momento realmente memorabili, non riesce nell’obiettivo numero uno di qualsiasi lungometraggio d’animazione, cioè lavorare con le forme, gli ambienti, i colori e le luci in una maniera inedita o se non altro personale (nell’animazione non esiste niente a meno che non venga disegnato, e quindi immaginato, apposta) per colpire lo spettatore là dove non se l’aspetta.