Your Name, la recensione

Fenomeno del botteghino nipponico, Your Name è una grossa delusione. Povero di idee e di immaginazione, ha solo una trovata e dura pure poco

Critico e giornalista cinematografico


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Questa storia dalle premesse fantastiche e la resa molto romantica, così vogliosa di toccare le corde più classiche dell’amore negato, sfiorato, cercato, impossibile eppure predestinato, la cui sinossi sembra presa da una commedia americana degli anni ‘80, è una grossa delusione.

Un ragazzo e una ragazza, di colpo e senza una ragione apparente, si scambiano i corpi. Lui si sveglia nel corpo di lei, in provincia, lei si sveglia nel corpo di lui, in città. E poi di nuovo tornano ad essere se stessi il giorno seguente e poi di nuovo ancora uno scambio quello dopo. Inizialmente scombussolati dall’evento, con il tempo cominciano quasi a prenderci la mano, si lasciano messaggi sui cellulari, si avvertono reciprocamente di cosa non fare o cosa fare e, paradossalmente cominciano a conoscersi fino a che il fenomeno non cessa. Qualcosa ha rotto il meccanismo, ci sarà un colpo di scena e poi ancora una corsa contro il tempo per salvare tutto, una possibile catastrofe e, forse magari, la possibilità di stare davvero insieme.

La storia d’amore tra i due protagonisti ha nell’elemento fantastico l’unico punto distintivo, altrimenti sarebbe molto convenzionale

Non tutti gli anime per il cinema giapponesi riescono ad attraversare il pianeta ed arrivare da noi, i pochi che lo fanno solitamente o sono legati ad un nome altisonante, un franchise o un brand già di successo, oppure ci arrivano per meriti speciali. Your Name è stato un successo commerciale incredibile in patria, così tanto da guadagnarsi un biglietto anche per l’Italia, ma lo standard che propone è di molte volte inferiore a quello cui ci ha abituato l’animazione nipponica migliore. Non è una questione tecnica ma di immaginazione. La storia d’amore tra i due protagonisti ha nell’elemento fantastico l’unico punto distintivo, altrimenti sarebbe molto convenzionale, e anche nel suo piccolo (non c’è niente di male nelle storie convenzionali, a farle bene) non riesce mai ad andare oltre la riproposizione dell’epica romantica più esile.

Makoto Shinkai con crescente convinzione ingarbuglia la trama, sposta i tempi, trasporta i personaggi e si concede ogni genere di azzardo fantasioso senza la capacità di immaginarlo da zero ma solo frugando nel bagaglio del già fatto e aggiungendo pochissimo al noto. Il risultato è che Your Name non genera nemmeno un’immagine o un momento realmente memorabili, non riesce nell’obiettivo numero uno di qualsiasi lungometraggio d’animazione, cioè lavorare con le forme, gli ambienti, i colori e le luci in una maniera inedita o se non altro personale (nell’animazione non esiste niente a meno che non venga disegnato, e quindi immaginato, apposta) per colpire lo spettatore là dove non se l’aspetta.

Dire che Your Name annoia sarebbe limitante e fuorviante, perché la sua trama piena di gangli e grumi non è una novità, non è infrequente che il cinema giapponese, visto con i nostri occhi, abbia uno storytelling eccessivamente denso e convulso. No, il problema di Your Name è proprio che non fa un passo per elevarsi dallo statuto di piccolo filmetto adolescenziale, quando invece dimostra ambizioni da opera seria e completa.

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