Yellowstone (prima stagione) la recensione

La recensione della prima stagione di Yellowstone, la serie tv di Paramount Network con Kevin Costner come protagonista assoluto

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Spoiler Alert
Yellowstone: la recensione della prima stagione

Con il titolo The Unravelling Pt. 2, mercoledì 22 agosto, è andato in onda negli Stati Uniti l'ultimo dei nove episodi della prima stagione di Yellowstone, con protagonista Kevin Costner nei panni di John Dutton, serie della Paramount Network che si è confermata uno dei più grandi successi - in termini di ascolti - di questa stagione televisiva estiva, mettendolo al secondo posto tra gli show più seguiti trasmessi da un canale via cavo dopo The Walking Dead.

Giunti quindi alla fine della stagione, non ci resta che confermare quelle che erano state solo delle impressioni trasmesse dall'episodio pilota sella serie. In un ritmo pacato, da vecchio west, caratterizzato da meravigliosi scorci naturali e da improvvisi scoppi di violenza si delineano le vite dei membri della famiglia Dutton, con il capostipite John ed i figli Jamie (Wes Bentley), Beth (Kelly Reilly) e Kayce (Luke Grimes) tutti vittime in un certo senso del padre/padrone, un uomo con pochi scrupoli ed abituato a governare sulla propria famiglia, con lo stesso pugno di ferro con cui domina la sua immensa proprietà terriera.
Ciò che emerge da questa prima stagione è sicuramente la visione quasi contraddittoria di colui che Taylor Sheridan sembra considerare un vero eroe.
Il personaggio interpretato da Kevin Costner, con i suoi lunghi ed a volte frustranti silenzi e la sua latente aggressività, è infatti sia un uomo profondamente nocivo, sia qualcuno da ammirare in segreto, una sorta di personificazione della mascolinità moderna che diventa espressione di potere assoluto nelle mani di un anacronistico narcisista, incapace di accettare i cambiamenti e disposto a tutto - compreso l'omicidio - pur di ottenere ciò che vuole, nel modo in cui lo vuole.
John Dutton è, in molti sensi un mostro, una boss dall'atteggiamento mafioso che si circonda di uomini disposti a tutto pur di accontentarlo e che per lui darebbero la vita, ma allo stesso tempo è anche l'incarnazione dello spirito che ha reso l'America quella che è, una figura indomita, che riesce a dominare una terra di frontiera, capace di usare la forza quando le circostanze lo rendono necessario. La fascinazione dello sceneggiatore, già candidato al premio Oscar, nei confronti del personaggio è evidente ed a volte lascia quasi spiazzati, soprattutto quando John Dutton diventa l'esempio di un uomo vero ed il suo secondogenito Jamie è visto come una sorta di "mammoletta" senza spina dorsale, detestato sia dal padre che dalla sorella Beth per la sua incapacità di essere spietato quanto loro, nonostante Jamie abbia dedicato la sua vita al ranch ed al padre.

Di fronte ad un carattere così intransigente, che trova nemici dietro ad ogni angolo: nell'imprenditore edile Dan Jenkins (Danny Huston), in Thomas Rainwater (Gil Birmingham), capo della vicina riserva indiana, e persino nello sceriffo e nelle forze dell'ordine, ad avere la peggio finiscono inevitabilmente per essere i suoi figli.
Jamie, l'aspirante politico che si candida a Procuratore Generale sfidando solo alla fine il volere paterno e pagandone le conseguenze, è, come accennavamo, l'esempio del figlio devoto che ha fatto di tutto per accontentare il genitore, ricevendo in cambio null'altro se non una tiepida sopportazione; Kayce, il ribelle, riuscito quasi a sfuggire al tossico controllo del padre, ma costretto a tornare sui suoi passi dopo che il suo matrimonio con la dolce Monica (Kelsey Asbille), uno dei pochi personaggi positivi della storia, comincia a sgretolarsi a causa di un incidente ed infine Beth, la fragile e infida alcoolista, colei che più di tutti assomiglia al padre e che deve le sue debolezze non tanto a John, quanto ad un rapporto conflittuale con una madre difficile, che non le ha mai dimostrato davvero amore.
Tutti i Dutton in sostanza, sono schiavi del loro stesso nome e del loro potere e sono marchiati (anche se non letteralmente, non tutti quanto meno) da una sorta di sigillo di infamia che li rende la versione peggiore possibile di loro stessi, ma con il fascino di quei padri fondatori che, combattendo contro la natura e gli indiani, contribuirono a costruire le basi degli Stati Uniti d'America.

Questo genere di visione finisce, tra le altre cose, per lasciare poco spazio ai personaggi femminili in Yellowstone, rappresentati appunto da Monica e Beth, la prima una donna dolce, causa dell'allontanamento tra padre e figlio, non dimostrerà di avere mai abbastanza polso per controllare in alcun modo il marito Kayce e finirà per venire trasformata in peggio dalle conseguenze dell'incidente che subisce. Beth è invece un'anima spezzata, soffocata dall'indifferenza della madre a causa della quale diventa un'adulta senza scrupoli, capace di schiacciare chiunque si frapponga sul suo o sul cammino del padre, ma drammaticamente sola e vuota, senza alcuna morale. Una figlia decisa a seguire il padre fino all'inferno, ma che nel contempo lo accusa anche di aver allontanato da sé tutti i figli a causa del suo atteggiamento dispotico.

Poche cose si frapporranno tra John ed il suo volere, compresa la scoperta che l'uomo è malato di tumore, che diventerà motivo di un ulteriore contrasto tra lui ed i figli, quando sceglierà di non rivelare loro il suo stato di salute e soprattutto finirà per affrontare la propria mortalità diventando, se possibile, persino più spietato di prima e non solo con i suoi nemici, ma anche con il sangue del suo sangue, isolandosi nella sua torre dorata fatta delle vestigia di quello che lui considera evidentemente l'onore.

Diretti dallo stesso Sheridan, con la magnifica fotografia di Ben Richardson, i nove episodi di Yellowstone sono un percorso convincente ed allo stesso tempo equivoco, da fare assieme ai protagonisti lungo una storia che avalla la violenza, sia fisica che psicologica, e che guarda ad essa con una strana forma di rispetto, ma capace anche di creare personaggi convincenti, veri e credibili, soprattutto quando messi a confronto con il loro background, in un ritmo pigro ed a volte persino troppo lento che non sempre rende in una serie televisiva, quanto avrebbe reso in una pellicola cinematografica.

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