Yakuza 6: The Song of Life, l'ultimo ruggito del Drago di Dojima - Recensione
Il capitolo conclusivo della storia di Kazuma Kiryu: la recensione di Yakuza 6: The Song of Life
Concepito come il capitolo finale della ormai lunghissima vicenda di Kazuma Kiryu, il Drago di Dojima, il gioco si dipana per circa trenta ore densissime, fatte di scazzottate, (lunghe) scene d’intermezzo, incarichi secondari e altre scazzottate. Nulla di troppo diverso dagli action canonici parrebbe ma, fin dai primissimi minuti, si capisce bene come Yakuza 6: The Song of Life non faccia alcuna concessione ai canoni estetici e narrativi occidentali.
[caption id="attachment_183274" align="aligncenter" width="1920"] il sistema di combattimento è quello classico della serie, di sicuro impatto, ma non molto strutturato[/caption]
Ecco, la serie di Yakuza rappresenta la più compiuta traduzione videoludica di questa impostazione. Le avventure del Drago di Dojima non sono un semplice dramma criminale che segue - più o meno - gli stilemi dei noir classici, sono un atto d’amore verso il Giappone, la sua cultura, il suo folklore, i suoi personaggi bizzarri e la sua narrazione. Sul fronte ludico Yakuza non sorprende e non sperimenta nulla di davvero interessante, si tratta di un picchiaduro a scorrimento (senza neppure un combat system troppo approfondito, se vogliamo) dipanato su aree abbastanza piccole. Quello che davvero stupisce è la ricchezza di particolari, un contorno talmente denso e vivo da far pensare di trovarsi davvero nelle zone centrali di Tokyo o nei sobborghi di Hiroshima.
Qualcuno, sbagliando, considera la saga di Kazuma Kiryu come la versione nipponica di GTA. Nulla di più sbagliato. La serie Rockstar fa della libertà pressoché totale il suo punto di forza, giocando molto sul registro del grottesco e della parodia; Yakuza, al contrario propone un’esperienza di gioco molto più stringente, legata a missioni, obiettivi e progressioni da cui è impossibile prescindere. Grazie a questa impostazione le avventure della mala giapponese risultano molto intense, quasi cinematografiche e intrappolano il giocatore in maniera quasi ipnotica.
[caption id="attachment_183275" align="aligncenter" width="1920"] Come da tradizione della serie anche Yakuza 6: The Song of Life è farcito di minigiochi più o meno bizzarri[/caption]
Il rovescio della medaglia è dato alla necessità quasi obbligata di conoscere le vicende precedenti prima di buttarsi in Yakuza 6: The Song of Life: il gioco propone un breve prologo introduttivo ma, per comprendere al meglio tutti gli intricati rapporti fra i vari personaggi urge giocare i cinque capitoli precedenti. Paradossalmente però, rispetto a Yakuza 0 e Yakuza 5, la sesta avventura di Kiryu appare molto più approcciabile, sia per la minore densità delle subquest, sia per i miglioramenti tecnici che, per esempio, permettono di evitare gli incessanti caricamenti che prima separavano ogni singola area al chiuso dalla world map generale.
Nel complesso Yakuza 6: The Song of Life è un titolo irrinunciabile per tutti gli amanti del gaming nipponico. Si tratta di un gioco profondo, complesso e che non scende mai a compromessi con il mainstream ludico contemporaneo. In cambio richiede una certa dose di adattamento e, a tratti, la digestione di qualche giapponesata di troppo. Ma le avventure di Kiryu valgono ben una cut scene troppo verbosa.