Xtremo, la recensione

Con un desiderio di fare azione e arti marziali più che stimabile Xtremo vuole unire tutto, anche gli estremi

Critico e giornalista cinematografico


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Xtremo, la recensione

Credi di essere in America? Siamo a Barcellona, le cose non funzionano così!” peccato che Daniel Benmayor non abbia seguito il saggio consiglio del suo personaggio, il più anziano dei capimafia che gestiscono la malavita di Barcellona e si oppongono al giovane Lucer, rampante boss appena tornato dal Giappone intriso di cultura yakuza, ma anche scomposto e dai modi americani pronto ad uccidere prima che a trattare. Così spietato da fregare anche il suo fratello in armi Maximo e farlo fuori. O così almeno crede. Due anni dopo Maximo ancora vivo cerca vendetta.

Benmayor fa un lungo dal suo stesso corto (con gli stessi attori) di quasi 10 anni prima e mette insieme l’azione tecnicissima di Stefano Sollima con la rielaborazione americana del cinema cinese (cioè Robert Rodriguez). Sono due opposti: la secchezza di Sollima con il compiacimento godereccio e stilizzato (ma derivativo) di Rodriguez, il secondo esibisce le sue fonti, il primo cerca di nasconderle per fondare sempre qualcosa di nuovo. Un’unione difficilissima che non riesce e risulta in un film maldestro che dice tutto e il contrario di tutto.

Sostiene che Maximo, il sicario sul percorso di vendetta sia pieno di vero onore ma in realtà lo fa muovere e comportare senza nessun codice personale; fa arti marziali cercando di coreografarle bene ma poi monta moltissimo le scene creando una confusione insopportabile; è pieno di riferimenti al Giappone ma in realtà il cinema asiatico cui guarda (a parte un po’ di The Raid, come tutti) è quello cinese. Xtremo è un pasticcio gigante di cui si potrebbe (e vorrebbe) comunque godere lo stesso, perché Teo Garcia nonostante si presenti come un Giorgio Colangeli giovane, le arti marziali le fa sul serio, gli stunt li fa sul serio e le sue due controparti (specie Oscar Jaenada) hanno le movenze e la facce giustissime per questo cinema. Solo che Xtremo ce la mette tutta per frustrare e allungare il brodo.

Come si diceva all’inizio Benmayor crede di essere in America senza esserlo, mette in pratica quel che ha visto avvenire negli altri film senza chiedersi che senso abbia e senza coerenza. Non sceglie uno stile da imitare, li vuole tutti senza l’abilità di Tarantino (o del primo Rodriguez) di farli convivere davvero, in armonia. Alla fine non è un film che cita l’etica nichilista del vengeance movie ma solo un film che è seriamente a favore della vendetta violenta (lo spiega proprio a parole).

Andrebbe ancora bene, perché in fondo Xtremo è cinema che si vuole divertire, ha un po’ di ironia e si impegna nelle scene d’azione, ma arrivato ad un’ora e dieci, nel momento in cui potrebbe avviarsi al gran finale, fa invece addormentare il protagonista (sic!) aggiungendo almeno altri 20 minuti superflui che ammazzano ritmo a potenzialità.
Un finale buono lascia solo l’amaro in bocca.

Sei d'accordo con la nostra recensione di Xtremo? Scrivicelo nei commenti dopo aver visto il film

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