X-O Manowar vol. 4: Visigoto, la recensione
Abbiamo recensito per voi il quarto volume di X-O Manowar, di Kindt, Bodenheim, Olivetti e Dalhouse
Fumettallaro dalla nascita, ha perso i capelli ma non la voglia di leggere storie che lo emozionino.
Per ottenere la pace, il tributo di sangue da pagare è spesso molto alto: un aspetto che Aric di Dacia ha appreso sulla sua pelle maturando una dura e cruenta esperienza sul campo. Partito dalla Terra per un motivo a noi ancora misterioso, X-O Manowar è giunto sul pianeta Gorin, dove ha dovuto suo malgrado accantonare ogni buon proposito per tornare a essere il condottiero ammirato da tutti; in fondo, nessuno riteneva credibile la scelta di dedicarsi alla campagna, animato dal sogno di una vita tranquilla, lontano dal clamore della battaglia e privo dell’inebriante potere conferitogli dalla Sacra Armatura di Shanhara. Ben presto, infatti, il Nostro si è ritrovato a capo di una rivolta che, sovvertendo dispotici e secolari domini, ha riportato equilibrio tra le razze autoctone.
La pubblicazione del quarto volume della nuova serie di X-O Manowar chiude il cerchio mostrandoci l’ultimo, intenso capitolo dell’esperienza di Aric su Gorin. Lungo quattro archi narrativi, Matt Kindt ha sviluppato una vicenda incentrata prevalentemente sulla conflittualità tra uomo e armatura, sul rapporto di sudditanza che sembra aver creato un corto circuito nel modus operandi e vivendi del protagonista.
Al termine di questa parabola esistenziale, Kindt riesce a conferire ulteriore profondità a un personaggio di per sé già accattivante, mostrandocelo come un salvatore che con abnegazione e spirito di sacrificio sfrutta la Sacra Armatura a fin di bene. Il guerriero strappato alla sua gente e alla sua epoca, catapultato quindici secoli nel futuro dopo una terrificante esperienza come prigioniero di una razza aliena, oggi è una figura centrale dell'Universo Valiant e protagonista di un'epopea appassionante.
La sensibilità con la quale Kindt sviluppa questo storyarc relega in secondo piano la scarsa originalità della vicenda. L'altro difetto di questo fumetto è che l'intensità della narrazione non viene supportata al meglio dalla prova di Ryan Bodenheim al tavolo da disegno. L’artista statunitense – a differenza dei suoi predecessori, su tutti Tomás Giorello – non riesce a far sprigionare alle sue tavole tutta la carica epica ed emotiva che accompagna i vari passaggi della storia.
Decisamente più in linea col mood della serie il lavoro di Ariel Olivetti, artista argentino che con le sue anatomie plastiche ben caratterizza le battute finali di Visigoto; l’ampollosità di alcune soluzioni forse appesantisce la fruibilità del capitolo conclusivo, ma in compenso troviamo uno stile più affine agli standard qualitativi ammirati in Guerriero.
In attesa di lasciarci travolgere dall’imminente evento Harbinger War 2, la scacchiera dell’Universo Valiant ritrova la sua pedina più preziosa, il re che da solo può spostare gli equilibri di una battaglia.