X-Men le origini: Wolverine - la recensione
La storia di Wolverine, dall'infanzia alle guerre e allo scheletro di adamantio. Le origini del celebre X-Man raccontate in una pellicola interessante, ma che rischia poco...
Recensione a cura di ColinMckenzie
TitoloX-Men le origini: WolverineRegiaGavin HoodCast
Hugh Jackman, Liev Schreiber, Danny Huston, Lynn Collins, Taylor Kitsch, Ryan Reynolds
Uscita29-04-2009La scheda del film
Wolverine ormai non è un film come gli altri. Piaccia o meno, è diventato un simbolo della questione pirateria e qualsiasi risultato ottenga verrà visto in questa ottica, anche se magari la copia pirata uscita a inizio mese non avrà nessun effetto negativo di rilievo. Tutto questo rischia di distogliere l'attenzione dal film. E sarebbe un peccato perché, tra luci e ombre, X-Men le origini: Wolverine non è una pellicola banale.
Comunque sia, dopo questo prologo altalenante, la prima parte è sicuramente la migliore, in particolare quella nei boschi canadesi ("sono canadese", peraltro, è una delle migliori battute del film). Senza fare miracoli, i realizzatori creano una ventina di minuti efficacissima, in particolare con una bella scena di tensione con Sabretooth. Vanno fatti i complimenti a Hood per essere riuscito a tenere diverse sequenze di dialogo utili per creare l'atmosfera, che tanti altri invece avrebbero tagliato. In questo modo, i drammi risultano autentici e si avvertono in maniera forte e concreta.
Tuttavia, circa a metà film, la pellicola inizia a traballare. Va detto che non c'è mai un crollo netto, anche quando negli ultimi venti minuti ti aspetteresti il disastro. Ma diverse azioni di Logan risultano poco credibili e in particolare un evento drammatico che francamente era telefonatissimo (ed è incredibile che un personaggio come Wolverine non lo abbia capito). Inoltre, la parte del megascontro moto-jeep-elicottero, che ormai dovreste conoscere grazie ai vari trailer, non è una buona idea. E consideriamo anche il finalino visto mille volte, che andava bene in una pellicola tamarra di Schwarzenegger negli anni ottanta, non certo in una pellicola che vorrebbe essere cupa e dark.
A questo riguardo, è evidente come gli anni ottanta siano il punto di riferimento di Hood. L'estetica delle scene d'azione è chiaramente ispirata alle pellicole di John Woo a Hong Kong, mentre le esplosioni sono riprese dagli action movie della Hollywood di quel periodo. Insomma, come tante cose del film si può vedere questa scelta in maniera diametralmente opposta. Da una parte, criticarla perché fin dalle intenzioni non c'è assolutamente voglia di fare nulla di nuovo (e sicuramente il film non verrà ricordato per le 'innovazioni' apportate). Dall'altra, va detto che in un panorama fatto di scopiazzature di Matrix e di montaggi forsennati che non fanno capire nulla di quello che succede, realizzare delle scene semplici ma efficaci è tutt'altro che una decisione da disprezzare. Forse, come capitò con Bryan Singer per il primo X-Men, anche Gavin Hood si è reso conto che la materia non è propriamente il suo forte e quindi ha sapientemente deciso di giocare sul sicuro.
Dove invece il regista mostra un'idea diversa di cinema, è nelle immagini. La fotografia è infatti decisamente particolare ed efficace (a parte il montaggio bellico iniziale) e considerando che il responsabile di questo settore, Donald McAlpine, ha lavorato in progetti decisamente diversi come Terapia d'Urto e Le cronache di Narnia: il leone, la strega e l'armadio, è probabile che il merito vada ascritto direttamente al realizzatore.
Capitolo effetti speciali. Un argomento decisamente caldo vista anche la copia pirata. In generale, possiamo dire che è stato fatto un buon lavoro. Tuttavia, alcune cose non convincono completamente. Penso al giro in moto di Wolvie (gli sfondi, soprattutto all'inizio, sono falsissimi) o i balzi di Sabretooth. Anche Emma Frost non funziona bene quando si trasforma (l'effetto è pacchianotto), così come l'arrivo in scena di un personaggio molto importante nella serie (che chiaramente è stato fatto al computer, quantomeno per ringiovanirlo, ma è venuto fuori malissimo).
Nessun problema invece per Hugh Jackman e la sua convincente interpretazione, anche se a tratti ha delle espressioni eccessive. Tuttavia, Jackman è come sempre bravissimo a mettere in mostra il dualismo estremo del personaggio. Quello che purtroppo manca (ed è una scelta veramente discutibile) è la classica ironia di Wolverine, che qui per buona parte del film è assente. D'accordo, l'intenzione era di fare un film più dark rispetto alla serie, ma come insegna Il Cavaliere Oscuro, non è detto che per questo sia necessario sacrificare l'ironia (che può facilmente diventare humour nero).
Alla fine, come detto, dopo diversi momenti poco convincenti, ti viene da temere il crollo. Anche perché la 'sorpresa' che chiude il secondo atto è decisamente discutibile e poco credibile. Eppure, c'è una certa serietà e una profondità nei personaggi che permette di evitare cadute rovinose. Lo scontro finale sa un po' di videogioco, ma non è fatto male. E il finale è comunque intelligente, non banale, malinconico e, soprattutto, ti fa venire voglia di vedere il prossimo capitolo in fretta. In questo senso, i realizzatori fanno venire l'acquolina in bocca non con una, ma con due scene sui titoli di coda, una dopo trenta secondi (con Stryker) e l'altra proprio alla fine (con Wolverine). Speriamo che gli esercenti siano rispettosi del loro pubblico (noi come solito vi comunicheremo chi ha fatto il bravo o meno), anche perché l'ultimissima sequenza fa capire chiaramente dove si vuole andare a parare per il prossimo capitolo...