X-Men: La resurrezione di Fenice, la recensione
Abbiamo recensito per voi X-Men: La resurrezione di Fenice, miniserie Marvel targata Legacy
Fumettallaro dalla nascita, ha perso i capelli ma non la voglia di leggere storie che lo emozionino.
Nel variopinto mondo del Fumetto americano la morte non è poi tanto un problema: presto o tardi, anche i super eroi di seconda o terza fascia perdono la vita salvo ritornare dopo periodi d’assenza più o meno lunghi. Se il defunto in questione ha poi ospitato la Fenice – entità cosmica simbolo di nascita, morte e resurrezione – la morte diventa un aspetto del tutto trascurabile. Ci riferiamo a Jean Grey, la rossa telepate scomparsa “definitamente” ai tempi della serie New X-Men, scritta da Grant Morrison, e ora protagonista della miniserie X-Men: La resurrezione di Fenice.
Negli ultimi mesi, diverse sono state le avvisaglie di questo eclatante ritorno: sulle pagine di Jean Grey – serie dedicata alle avventure in solitaria della giovane versione della X-Woman proveniente dal passato – abbiamo avuto modo di leggere quello che può essere considerato un preludio alla miniserie, con tanto di apparizione della Fenice e di morte eccellente nel finale dello storyarc Guerre Psichiche.
Tra cammeo di Uomini-X lontani dalle scene da tempo, azione e dramma, La resurrezione di Fenice è un racconto che convince per la bravura con la quale Rosenberg conduce una vicenda dalla gestione non certo agevole. Nella storia editoriale della Marvel, non è la prima volta che il personaggio fa ritorno, e il rischio per lo scrittore di Rocket Raccoon era quello di adottare soluzioni narrative che scadessero nel banale. In fondo, già dal titolo è facilmente intuibile l’epilogo della vicenda, ma mescolando sapientemente le peculiarità delle avventure classiche degli X-Men e aggiungendovi atmosfere smaccatamente lynchiane, Rosenberg ha condotto i suoi personaggi in situazioni bizzarre che hanno trovato la loro risoluzione in un finale intenso, reso perfettamente con una sequenza da brividi.
Alla lunga, dover muovere un gruppo così vasto di figure rappresenta indubbiamente un limite, visto che non sempre si riesce a dare il giusto peso alle interrelazioni tra Jean Grey e gli X-Men a lei più legati; solo nel finale, infatti, troviamo i confronti con Vecchio Logan e con il suo defunto marito Ciclope, dialoghi che chiudono in maniera profonda e appropriata la storia. Nell'epilogo, inoltre, la forte componente emotiva degli ultimi capitoli riesce a mitigare una fase iniziale caotica.
La cadenza settimanale del progetto, negli Stati Uniti, ha richiesto il coinvolgimento di più disegnatori che si sono alternati sui cinque capitoli: i più navigati Yu e Pacheco sono autori di una prova decisamente buona; Rosanas e Bennett mostrano segnali di crescita, a riprova di un percorso di maturazione importante; infine, la presenza di un’unica colorista, Rachelle Rosenberg, rende l’amalgama decisamente più uniforme e accattivante.
In chiusura, segnaliamo la presenza di una storia tratta da X-Men: Gold Annual #1, di Monty Nero (testi) e Djibril Morissette-Phan (disegni): in Perché amo gli X-Men, narrata dal punto di vista della piccola Rosie O’Ready, è protagonista l'amore per il gruppo di mutanti e, in particolare, quello per Tempesta. La leggerezza della prosa e la freschezza del tratto concorrono a produrre una lettura piacevole, ideale per smorzare l'elevato carico di tensione che caratterizza l’epilogo della miniserie.
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