X-Men: Giorni di un futuro passato, la recensione - Articolo del 20 maggio 2014 - 15745

In occasione dell'uscita del film torna in fumetteria la ristampa di X-Men: Giorni di un Futuro Passato

Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.


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Tra pochissimi giorni uscirà nei cinema italiani X-Men: Giorni di un Futuro Passato. Su BadComics.it potete già trovare la recensione in anteprima e la guida all'evento. Marvel Italia, ovvero Panini Comics, con la solita puntualità e tempismo, ha proposto in fumetteria il volume omonimo del film che oltre a contenere la storia ispiratrice della pellicola, ovvero i due numeri di Uncanny X-Men del 1981 scritti da Chris Claremont e disegnati da John Byrne, è stato arricchito dal sequel Giorni di un Futuro Presente, una saga mai più ristampata in oltre due decenni e firmata da Walter e Louise Simonson ai testi e da Jackson Guise, Terry Shoemaker, Chris Wozniak, Jon Bogdanove e Arthur Adams ai disegni.

Giorni di un futuro passato rappresenta una pietra miliare e di paragone per tutte quelle storie che avrebbero fatto dei viaggi temporali e dei futuri allucinanti e distopici, un classico del genere supereroistico, diventando un plot ricorrente proprio sulle X-testate. La trama è semplice ma all'epoca innovativa: porre di fronte agli ex pupilli di Xavier, nel 1981 guidati da Tempesta (in una delle sue prime esperienze come leader del gruppo) a un domani neanche troppo lontano da oggi, ovvero il 2013, un mondo in cui la paura e l'odio per il diverso hanno relegato i mutanti in campi di concentramento, evocando una tragedia e una vergogna reali, che continuano a riproporsi nel corso della nostra storia. La matura Kitty Pride è una dei pochi X-Men e uno degli ultimi supereroi superstiti alla mercé delle sentinelle, i micidiali robot nati per cacciare e segregare i possessori del gene X. La sua missione è tornare nel passato e scongiurare la costruzione di quei giganteschi carnefici meccanici, innescata dall'assassinio del senatore Kelly, perpetrato dalla nuova Confraternita dei Mutanti Malvagi, guidata da Mystica. Sarà aiutata in questo da Rachel Summers, figlia di Ciclope e Jean Grey, che farà viaggiare la mente di Kitty attraverso il tempo e le dimensioni e la ricongiungerà al suo giovane corpo di allora.

Giorni di un Futuro Presente è il sequel della suddetta saga di Claremont e Byrne. Più giovane di nove anni, un numero più che doppio di pagine disseminate sugli annual di quattro serie, Fantastic Four, New Mutants, X-Factor e Uncanny X-Men, la vicenda propone un compatto sodalizio tra il quartetto più famoso dei comics americani e i vecchi e nuovi team di X-Men. Si tratta in entrambi i casi di formazioni anomale, ben diverse dalle classiche che tutti conosciamo e che l'editor Marco Rizzo analizza nelle poche righe a disposizione, riassumendo egregiamente quasi dieci anni di vita editoriale della Casa delle Idee. Questa volta la minaccia arriva da Ahab, un potente cacciatore di mutanti venuto da quel futuro ancora sinonimo di olocausto per l'homo superior e ispirato chiaramente all'oscuro capitano del capolavoro di Herman Melville: Moby Dick. Da lì proviene anche il figlio adulto di Reed Richards e Sue Storm, Franklin, in grado di deformare il presente in cui è riuscito a rifugiarsi in qualche modo, grazie al potere onirico di se stesso bambino.

Confrontato con il racconto di Claremont e Byrne, Giorni di un Futuro Presente è un fumetto estremamente diverso per contenuti e stile. Il soggetto dei coniugi Simonson è molto più complesso, lontano dalla linearità e dall'immediatezza di Giorni di un Futuro Passato, che si attesta come un modello narrativo di semplicità ed efficacia per ogni autore che voglia cimentarsi con viaggi e paradossi temporali. L'esasperazione delle trame del sequel è d'altra parte figlia del suo tempo, di quegli anni '90 che preferiscono lo spessore degli intrecci a quello dei loro protagonisti e che traboccano parimenti nella muscolarità dei corpi, nella chiassosità dei costumi e nell'intensità dei timbri cromatici. L'ultimo episodio risulta il migliore, non solo perché lo stesso Claremont riesce a imbrigliare le trame sciolte degli altri tre annual precedenti dando loro una soluzione coerente ma anche per il contributo di Arthur Adams che riporta a registro quei pittoreschi personaggi e infonde loro una straordinaria espressività. Così se Giorni di un Futuro Passato è un'opera che si realizza in se stessa, è autoconsistente, Giorni di un Futuro Presente è una storia in potenza, che non trova una sua stabilità ma risulta essenziale per l'economia del Marvel Universe, offrendo il palcoscenico a personaggi e gruppi fino ad allora marginali ma che si sarebbero conquistati il favore degli autori e dei lettori in future rivisitazione più azzeccate, come Cable e X-Factor.

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