X-Files 10x05, "Babilonia": la recensione
Ecco la nostra recensione del quinto episodio della decima stagione revival di X-Files, intitolato "Babilonia"
È la fonte di ogni vera arte e di ogni vera scienza."
Nonostante sia una frase di Einstein, come possiamo non associarla a un episodio di X-Files come questo? Babilonia, questo il titolo, colpisce per innumerevoli motivi, a partire dalla presenza dei "cloni ringiovaniti" di Mulder e Scully interpretati da un Robbie Amell stranamente non troppo statico e da una straordinaria Lauren Ambrose; rivederla dopo tanti anni da Six Feet Under fa il suo effetto. Addirittura è stato scelto di affibbiare all'anomala coppia nomi similari a quelli dei protagonisti: Miller - Mulder, mentre Einstein è - ovviamente - un riferimento che stuzzica il personaggio di Scully, essendo quest'ultima una scienziata.
Il caso al centro dell'episodio è assolutamente attuale, e il creatore della serie lo aveva preannunciato. Nel prologo vediamo un giovane ragazzo che sembra avere delle normalissime esigenze, pulsioni e caratteristiche non diverse da tutti gli altri ragazzi della sua età. Lo vediamo raggiungere un suo amico dopo aver pregato Allah e successivamente entrare insieme a questo in una galleria d'arte. Grazie al campo lungo e alle distanze prese dalla telecamera, si percepisce che da un momento all'altro l'intero complesso scoppierà. Ed ecco qui, infatti, che entriamo all'interno di un episodio che ha come tema il terrorismo islamico. Ma non solo. I dialoghi che successivamente si intrecciano tra i protagonisti sono assolutamente nello standard della serie, e sono suddivisi nelle due fazioni a noi note: abbiamo quella in cui c'è un uomo che crede e non smetterà mai di farlo, e quella in cui c'è una donna che, pur di avere ragione riguardo alle cose che possono essere approvate e provate dalla scienza, fa la sputasentenze.
Esilarante, delirante e assolutamente in linea con quello che è stato sempre X-Files: non assistiamo a niente di diverso da quello che potremmo definire un monster of the week, arricchito di tutti questi aspetti, classico dello stile della serie. Alla fine la maggior parte degli episodi di X-Files sono stati un po' un effetto placebo, una scarica di endorfine senza principi attivi specifici. Quante volte siamo stati vicini alla verità, e ci abbiamo messo noi stessi insieme ai due agenti per tentare di afferrarla per poi capire che eravamo davanti all'ennesima illusione? Ci siamo fidati di loro senza sapere realmente quale sarebbe stato l'effetto e successivamente il risultato. Abbiamo guardato ogni episodio con la consapevolezza che a un certo punto della storia avremmo scoperto la verità effettiva, mentre la maggior parte delle volte è stato solo apparenza. Mulder si è fidato di Einstein credendo che quelli fossero realmente dei funghetti allucinogeni, e in poche parole i telespettatori sono Mulder ed Einstein è Chris Carter. Ma nonostante questo il viaggio ci è piaciuto e non poco.
Alla fine della stramba visione compare anche il mitico Uomo che Fuma, eterno nella sua grandezza all'interno del mondo di X-Files, enorme per la sua immagine iconica da complottista. E come al solito i due metodi, quello scientifico e quello più di petto (o che potremmo definire anche come "meno convenzionale"), da soli non portano mai a un risultato, perché è sempre il connubio delle due cose che porta qualcosa di soddisfacente.
E infine, pur essendo stato sotto un effetto placebo, Mulder sogna la madre del terrorista, colei che nel momento più difficile della sua vita, ai piedi del letto di suo figlio, non può fare altro che renderlo vittima di un sistema più grande di tutti loro che manovra senza i sentimenti. Sentimenti che il ragazzo sembra aver avuto fino all'ultimo momento. Perché in questa mini-stagione evento, oltre a trovare molteplici rimandi alla vecchie serie e alla mitologia creata da Carter, abbiamo a che fare anche con la spiritualità, con le credenze, con la religione e soprattutto con l'amore. Questo viene tradotto tramite la figura chiave della vita: una madre e un figlio. Ed è questo il percorso di Scully per arrivare a conoscere la verità, tassello dopo tassello, quella verità che ha bisogno a tutti costi di essere scoperta, non per la Terra, il futuro, le scoperte scientifiche o per la storia, ma per se stessi.
Ed è a conclusione del discorso straordinario tra i due protagonisti che lo spettatore si sente realmente appagato e soddisfatto di aver visto mischiare con totale tranquillità la fantascienza, la religione, il dramma e l'humor all'interno di una puntata da 40 minuti che ha dentro di se numerosissimi minuti di storia.