X-Factor #1, la recensione
Il primo numero della nuova serie di X-Factor lascia ben sperare per il prosieguo, tra atmosfere noir e il recupero dell'ironia tipica del ciclo di Peter David
Nello stile di Dawn of X, la nuova incarnazione della serie recupera buona parte degli elementi dell’X-Factor classica e li “filtra” attraverso l’ambientazione di Krakoa, ottenendo la tipica sensazione di “ciò che era vecchio ora è nuovo” che ha fatto il successo del rilancio mutante. Leah Williams, ai testi della serie, sembra avere un occhio di riguardo (e ben fa) soprattutto per lo storico ciclo di Peter David, di cui recupera la figura di Polaris e alle cui atmosferiche in bilico tra il noir e l’ironico si rifà con discreto successo. Arricchisce il tutto con un cast prelevato dai filoni mutanti più disparati, forse proprio a sottolineare l’eterogeneità e la potenziale incompatibilità dei soggetti, altro tema caro a X-Factor.
Anche l’incipit della vicenda richiama da vicino le atmosfere dei film noir: ha inizio con l'uccisione, probabilmente orchestrata da un killer che resta nell’ombra, di Aurora, la sorella di Northstar. La morte, ormai lo sappiamo, è un ostacolo superabile per i cittadini della nazione di Xavier, ma Northstar si imbatte nel “muro di gomma” dei cinque suddetti rianimatori, oberati da una fiumana di richieste e costretti a imporre ferree regole per “filtrare” le richieste di resurrezione, in un accostamento tra temi metafisici e immanenti come la morte e la resurrezione e pastoie burocratiche molto terrene, pragmatiche e anche un po’ annoiate che non può strappare un sorriso. Per poter accontentare Northstar, le regole prevedono che siano fornite prove certe della morte del soggetto in questione. Il velocista canadese non perde tempo e inizia a indagare sulla scomparsa della sorella, raccogliendo lungo il percorso gli altri membri del gruppo per farsi aiutare.
"Leah Williams, ai testi della serie, sembra avere un occhio di riguardo (e ben fa) soprattutto per lo storico ciclo di Peter David"Tra i personaggi del cast, almeno in questo primo numero, spicca soprattutto Daken, che nel corso delle indagini mostra tutte le sue contraddizioni: indole avventata e irruenta, ma capace di inaspettate perle di saggezza, pronto a farsi odiare un istante prima e a farsi amare (anche in senso letterale) quello dopo. Un personaggio che eredita forse qualche tratto del Gambit delle origini rivestendo il ruolo di canaglia affascinante, e che promette probabilmente di essere il cuore e l’anima della squadra.
Funzionali e riuscite le matite di David Baldeon, che puntano tutto sull’atmosfera e sulla recitazione dei protagonisti, come ben si addice a una serie dal taglio investigativo, e soprattutto molto valorizzati dai colori di Israel Silva, che fa ampio uso di sfumature e toni acquerellati per regalarci scenari suggestivi e onirici a corredo di numerosi flashback, visioni e percezioni extrasensoriali di cui il team fa uso nelle sue indagini.
Difetti? Anteponendo la solita clausola, vale a dire di quanto il numero #1 sia rappresentativo della serie che seguirà, questa proposta iniziale si presenta avvincente e convincente ma con un rischio, quello dell’information dumping. Una serie a carattere investigativo è già per sua natura necessariamente costruita su dialoghi, elucubrazioni, indagini e interazioni. X-Factor #1 non fa eccezione, e da questo punto di vista guida il lettore nelle indagini sulla morte di Aurora con dovizia di particolari, con una percentuale di testi superiore – e di molto – a quella delle altre X-testate e dei fumetti odierni in generale. Questo in sé non è un male, data la natura “giallistica” della serie. In combinazione però con un cast molto vasto come quello presentato, c’è il rischio di occludere il numero con “esposizioni” eccessive, o in alternativa di escludere e relegare in sottofondo parte dei personaggi di volta in volta. Accade per esempio in questo caso a Rachel Summers, che pare avere acquisito di recente un cucciolo di warwolf, e si limita a esibirsi nell’arco di tutto il numero in una serie di gag come dog-sitter, un biglietto da visita poco lusinghiero per un personaggio del suo calibro, che dovrebbe avere ben altro da dire.
Concludendo: una partenza molto buona, ma se la struttura narrativa del resto della serie equivale a quella del primo numero, serviranno notevoli prestazioni di equilibrismo (o blocchi narrativi in cui ripartire vari sottogruppi del cast) per trovare e mantenere il giusto bilanciamento tra trame approfondite, spazi riservati ai personaggi e relativi approfondimenti.