Wuthering Heights, Cime Tempestose - la recensione
[Venezia 2011] Sottratti i fatti non cruciali, le descrizioni e i molti episodi superflui, Andrea Arnold non adatta Cime Tempestose, indaga il senso dei suoi sentimenti...
Da un film su commissione come questo Cime Tempestose era difficile aspettarsi tanta logica prosecuzione di quanto di buono mostrato in Fish Tank. E invece...
Come per Fish Tank sono ancora i particolari inquadrati a distanza ravvicinatissima e con poca profondità di campo il mezzo espressivo prediletto dalla regista. Nulla di nuovo o di originale, ma raramente tali contrappunti erano stati usati meglio.
Con una fotografia in 4:3, camera a mano come fossimo in un contesto violento suburbano (invece siamo nella violentissima campagna) e la precisa idea che le radici di tutto stiano nell'adolescenza, in quei primi incontri (di nuovo tornano i temi di Fish Tank), e che il dolore fisico autoinflitto stringa un rapporto determinante con il dolore interiore, Andrea Arnold gira il meno convenzionale dei possibili adattamenti di Cime Tempestose dimostrando che una regista attaccata a temi moderni può perseguirli anche dirigendo un romanzo ottocentesco.