Wonder Woman: L'Amazzone, la recensione
Abbiamo recensito per voi Wonder Woman: L'Amazzone, graphic novel DC Comics di Jill Thompson
Alpinista, insegnante di Lettere, appassionato di quasi ogni forma di narrazione. Legge e mangia di tutto. Bravissimo a fare il risotto. Fa il pesto col mortaio, ora.
La Thompson conduce la storia con toni da fiaba che, si sa, sono strettamente imparentati con quelli del mito, accompagnati dal suo stile quasi pittorico che risulta perfetto per una storia di questo genere, ambientata quasi in toto nel passato assoluto dell'epica, distante per definizione, senza nessun riferimento, nemmeno minimo o casuale, all'Universo DC, al presente da supereroina, al mondo del presente al di fuori della fatata isola natale di Wonder Woman. Il risultato è una grande sintonia tra la componente visiva e quella testuale di una storia molto semplice di cui non vogliamo svelarvi nessuno dei particolari di trama.
Interessante vedere l'autrice americana trattare le dinamiche dell'educazione, della crescita e della formazione di una dea in maniera del tutto umana, trascinando la razza delle Amazzoni e la loro regina Ippolita sulla terra, mettendo in mostra i loro errori e le loro conseguenze sulla psiche di una giovane che è sì frutto di miracolo e prodigio, ma è soprattutto una bambina, un'adolescente e poi una giovane donna.
C'è azione, ci sono emozioni, c'è parecchio affetto nei confronti di Wonder Woman in questa storia breve e di lettura piuttosto veloce. Raccontata in maniera classicissima, con toni piani e senza picchi o accelerazioni, dalla mano salda della Thompson. Un fumetto d'altri tempi che non rinuncia per questo a essere originale e a dare una lettura personale del femminismo di cui il personaggio è ammantato, senza renderlo per forza un tema portante che appesantisca la vicenda.
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