Wonder Woman, la recensione del film con Gal Gadot

Abbiamo visto in anteprima Wonder Woman, il film targato DC Comics sulla più famosa delle supereroine

Alpinista, insegnante di Lettere, appassionato di quasi ogni forma di narrazione. Legge e mangia di tutto. Bravissimo a fare il risotto. Fa il pesto col mortaio, ora.


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Siamo spiacenti. E questo deve essere molto chiaro, perché facevamo il tifo per Wonder Woman. Facevamo il tifo per il primo film DC Comics/Warner da un sacco di tempo in cui un regista - una regista in questo caso - ha avuto carta bianca sul cut finale. Facevamo il tifo per il primo grande blockbuster supereroistico che avesse una donna come protagonista, e non una donna come le altre, ma l'ideale first lady del fumetto americano. Facevamo soprattutto il tifo perché, dai tempi di Christopher Nolan e del suo Cavaliere Oscuro, tutti i film sui personaggi DC Comics ci hanno delusi e ci saremmo scrollati di dosso volentieri la veste di critici barbogi che ce l'hanno con la Distinta Concorrenza cinematografica. Non ce l'avremmo affatto con loro, se trattassero i personaggi con l'affetto e l'attenzione che meritano, lo stesso che noi riserviamo loro da anni. Non lo fanno. Non l'hanno fatto nemmeno questa volta. Siamo a spiegarvi perché.

Perché Gal Gadot è perfetta nei panni di Diana, principessa di Themyscira, ma tutto ciò che le è stato costruito attorno scricchiola. Scricchiola e poi crolla. I primi scricchiolii si sentono subito, con uno spiegone che somiglia a quello di apertura di Thor: The Dark World, ma più noioso. Si sentono crocchiare le assi della sceneggiatura per tutta la prima ora, in cui tutto quanto succede esattamente quando te lo aspetti e come te lo aspetti, da manuale. Con l'aggravante di una sostanziale mancanza di idee nella messinscena. C'è il tema dell'eletta, c'è il mistero sulla nascita, c'è la giovane ribelle chiaramente dotata e fondamentale per il suo popolo, che però va protetta da se stessa. C'è la mentore moderata e quella radicale. C'è la curiosità di un'anima inquieta. C'è tutto. Tranne qualcosa di emozionante, una scena che ci dia il senso della meraviglia. Almeno fino alla metà del film. Intanto, tutto scricchiola. Travi umide?

Pare di sì. Perché ci si mette una serie di personaggi di contorno che non hanno sviluppo e finiscono per portare via spazio ai due protagonisti, Wonder Woman e Steve Trevor. Vorremmo tanto vedere lo sviluppo del rapporto tra l'Amazzone che abbandona il suo mondo fatato e il soldato che ci è capitato dentro per sbaglio, convincendola ad affrontare il mondo vero, precipitato nel caos della Prima Guerra Mondiale, e conducendola al fronte per fermare i piani di un folle generale tedesco e del suo braccio destro. Si tratta del tema portante delle origini del personaggio, cui questo film si ispira. Ma invece si perde il tempo con tre macchiette che rimangono tali per tutto il film e ci fanno scuotere la testa. Fra gli scricchiolii.

Scricchiolii che si fanno assordanti quando si manifestano i dialoghi. "Maldestri" è l'aggettivo che ci viene alla bocca. Perché ci attendevamo una celebrazione della figura della donna, delle sue qualità ispiratrici, della forza di quello che un tempo chiamavamo il "sesso debole", della centralità che la storia le ha negato e che siamo convinti si meriti e si stia, faticosamente, riprendendo un pezzo per volta. E allora le battutine a doppio senso sul pene di Trevor, quelle su quanto Diana sia o non sia vestita in battaglia e altre amenità di questo genere ci feriscono. Perché facevamo il tifo. Ci feriscono più della CGI di alcune scene d'azione, che a un certo punto ci ricorda tristemente Matrix Reloaded.

Ma vi avevamo promesso un crollo. Ed eccolo manifestarsi in una svolta di trama scontata e telefonatissima, sorretta da un comportamento palesemente contraddittorio e inspiegabile. Anzi due. Un crollo annunciato, fra l'altro, dato che la produzione non ha nemmeno avuto l'accortezza di nasconderlo, rivelando già prima dell'uscita del film la sorpresa, quando ha annunciato attori e rispettivi ruoli. Se vogliamo restare più nerd, ci troviamo a sottolineare un cattivo dalle forze sproporzionate, che rende l'eroina altrettanto sproporzionata rispetto a quanto mostrato in Batman v Superman: Dawn of Justice. Sul finale, grazie al tono delle scene d'azione e ai dialoghi tra Wonder Woman e il suo arcinemico, ci è parso per un attimo di essere ripiombati negli anni Novanta. E che questo accada in un film da cui ci aspettavamo una svolta verso il futuro è grave.

Ci sono tanti altri difetti di scrittura che ci lasciano stupiti, quando leggiamo che la critica d'Oltreoceano ha parlato di questo film come del migliore del DC Extended Universe. Ci pare, onestamente, che non lo sia e che sia invece un prodotto che inciampa in continuazione, fino all'inevitabile caduta. Tra le tante cadute, di stile. Una su tutte, la più geek in assoluto? Nei primi venti minuti del film, Diana fa una cosa che farebbe Capitan America e una che farebbe Spider-Man. E noi lì, al cinema, increduli.

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