The Woman in Black: la recensione

Non si cancellano ore e ore di Harry Potter con un film solo, ma il tentativo è un inizio più che ottimo e soprattutto un film autenticamente classico...

Critico e giornalista cinematografico


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Per il primo film di Daniel Radcliffe lontano da Hogwarts non si può fare finta che si tratti di una produzione come le altre.

The Woman in Black recupera le atmosfere Hammer (soprattutto perchè è prodotto dalla Hammer), quelle dei classici horror vecchio stampo fatti di vento che fischia, porte che cigolano, ragnatele e candelabri ottecenteschi, a partire da un omonimo libro del 1983 di Susan Hill.

Imbastendo un contesto assolutamente tradizionale, talmente tanto privo di contaminazioni moderne da risultare quasi "nuovo", The Woman in Black cerca di riscrivere una dimensione filmica sul volto di Daniel Radcliffe. Privato degli occhiali e dell'aria da ragazzino, l'attore è qui investito di una maturità reale e posticcia al tempo stesso. Quella vera della barba sfatta e dei lineamenti duri che erano mascherati con sempre maggior fatica nel ruolo di Harry Potter e quella finta degli abiti e del ruolo.

The Woman in Black racconta di una casa posseduta da fantasmi e di un uomo che proviene da un altrove (un vero evergreen) che ne sonda i misteri e risolve la maledizione. Lo fa guardando poco a oriente (cosa che invece capita sempre più spesso negli ultimi prodotti del genere) e molto a occidente. In questo trova anche un paio di momenti felici in cui le immagini riescono a farsi terrore e in cui tutta la messa in scena, con coerenza, costruisce la paura dell'ignoto.

L'horror moderno gioca molto con gli stereotipi classici. Li mastica, li ricicla nel presente, li trasfigura contaminandoli con le idee orientali e li asciuga.The Woman in Black li recupera e basta, senza per questo cercare un effetto di postmodernismo. Sembra infatti non esserci alcuna elaborazione critica dietro il film di James Watkins, solo la volontà di realizzare un classico. Soprattutto, il film riesce nel corso della sua durata a far gradualmente dimenticare la sensazione iniziale, ovvero quella di Radcliffe/Potter. Gradualmente si scorge sempre meno l'aria da eterno ragazzino e sempre più mentre si scende nel film Radcliffe si libera della pesante eredità.

Certo non basterà un film solo a scrollare di dosso il ricordo di ore di magia, ma già è qualcosa.

 
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