È sostanzialmente veritiero affermare che una buona fetta delle storie più belle e memorabili che il fumetto supereroico abbia mai prodotto si svolgono in universi e linee temporali alternative dei grandi multiversi narrativi sui quali
DC Comics e
Marvel hanno fondato buona parte del loro successo. La premessa che la storia di alcune serie, miniserie, maxiserie e via dicendo, si svolgono in quello che non è l'universo principale della casa editrice, e quindi sono classificate come "fuori continuity", ha permesso a grandi autori di dare libero sfogo al proprio estro e alla propria fantasia, non vincolati ai rigidi limiti che l'impianto narrativo dei fumetti di supereroi impone, come la regola d'oro non scritta che "obbliga" uno sceneggiatore (alla fine del suo ciclo) di lasciare il personaggio e il suo mondo sostanzialmente come lo aveva trovato prima di iniziare a lavorarci su. In un certo senso, tale soluzione appare quasi senza alternative, dato che questi personaggi esistono da moltissimo tempo e devono continuare a farlo, in una maniera quasi "da soap opera".
Questa doverosa premessa - che meriterebbe un'analisi a parte - è fondamentale per introdurre Wolverine: Vecchio Logan (Wolverine: Old Man Logan), saga pubblicata a cavallo tra il 2008 e il 2009 sul mensile Wolverine dal numero #66 al numero #72, con la conclusione andata in scena sullo speciale Wolverine: Old Man Logan Giant Size #1, e firmata da Mark Millar (testi) e Steve McNiven (disegni), lo stesso team creativo che poco tempo prima aveva realizzato la conclamata miniserie Civil War.
Le premesse dietro a
Vecchio Logan sono abbastanza semplici: in un futuro non definito, né lontano, né vicino, i supercriminali Marvel hanno finalmente deciso di coalizzarsi, guidati da un misterioso leader, per attaccare unitamente e contemporaneamente tutti i supereroi, annientandoli e prendendo poi indisturbati il controllo della Terra. Del resto, tale scelta non sembra chissà quanto assurda e geniale, dato che per ciascun eroe esistono almeno una decina di villain. In una realtà nella quale quasi tutti i Campioni dell'Umanità sono periti, con gli Stati Uniti d'America spartiti in diversi territori, ognuno con a capo un "boss" criminale", Wolverine è sopravvissuto (soprattutto grazie al suo fattore rigenerante, che lo rende di fatto immortale), ma, sconvolto dalla morte dei suoi amici e alleati, si è ritirato dalla lotta al crimine, sposandosi e diventando padre di due pargoli, e soprattutto giurando di non sfoderare più gli artigli di adamantio e usare violenza contro nessuno.
Logan, come adesso vuole essere chiamato (guai a chiamarlo con il suo nome in codice da X-Men), inoltre, vive con la sua famiglia a Sacramento, in quella che era la California, ma che oggi è parte di Hulkland, un vastissimo dominio che occupa tutta la West Coast degli USA, e che
Bruce Banner sottrasse in passato ad
Abominio.
Solo che in questa storia il pavido Banner ha ceduto al suo lato bestiale, al mostro dentro di lui, diventando un vero e proprio signore del crimine, con tanto di gang di giovani e meno giovani Hulk al suo servizio (la sua progenie). Banner inoltre governa come un despota dal pugno di ferro la sua terra, obbligando i residenti a pagare ingenti tributi, pena la violenta uccisione. Anche Logan accetta quindi di essere vittima di tale sistema malato, pur di poter vivere tranquillo con i suoi cari. Quando però i suoi guadagni non basteranno a far fronte alle richieste degli Hulk, il fu Wolverine dovrà accettare la richiesta di Clint Barton (ex Occhio di Falco, oggi cieco), il quale deve consegnare un pacco misterioso a New Babylon, sulla East Coast. Pur controvoglia, Logan dovrà avventurarsi in un folle road trip coast to coast (a bordo della Ragnomobile!): quello che i protagonisti e il lettore troveranno lungo questo viaggio andrà oltre ogni possibile immaginazione, sino all'emozionante e commovente finale.
Come già fatto in
Civil War, anche qui Millar si diletta nel porre i protagonisti della tua storia in uno scenario distopico quanto drammatico, costretti a mettere in discussione se stessi, e dando massimo spazio alla parte umana del superumano, più di quella meramente superoistica. Tra colpi di scena continui e in crescendo,
Vecchio Logan è una della saghe più rivoluzionarie con protagonista Wolverine, e sicuramente una delle storie migliori prodotte dalla Casa delle Idee nel primo decennio del XXI secolo (tanto da avere un sequel ufficiale nell'ambito del recente evento
Secret Wars, e da integrare il personaggio nella continuity ufficiale nell'era della Nuovissima Marvel, a scapito dell'originale Wolverine, ormai defunto). La narrazione di Millar funziona sostanzialmente secondo uno schema già collaudato, l'usato sicuro e sempre vincente dello sceneggiatore scozzese, che gli permette di dar vita ad archi narrativi sempre avvincenti, dal taglio molto pop e infarcito di citazioni geek ed easter egg, e dal ritmo dinamico e costante, con cliffhanger cadenzati , e finale a sorpresa (il tutto è sempre molto cinematografico).
Se poi ai disegni si ha una superstar come McNiven, uno degli artisti più apprezzati dei comics americani, il cui realismo conosce ben pochi rivali, è facile realizzare come Vecchio Logan sia una storia riuscitissima. I due autori dimostrano di conoscersi bene e di trovarsi al meglio, e l'artista si esalta a disegnare la folle storia di Millar, la cui grafica e il cui storytelling funzionano con la precisione di un orologio svizzero.
In conclusione, la raccolta integrale di Wolverine: Vecchio Logan operata da Panini Comics si dimostra anche una scelta estremamente funzionale, che riesce a presentare questa storia nella sua interezza, senza la frammentazione imposta dall'uscita originale in albi mensili, che, francamente, la penalizzata, andando a spezzettare il filo narrativo emozionale sul quale quella che poteva essere l'ultima storia di Wolverine (ma che poi si è dimostrato essere solo un nuovo, vero inizio per il personaggio) si erge.