Wolfwalkers - Il popolo dei lupi, la recensione [2]
Una vera sorpresa, il lungometraggio d'animazione migliore dell'anno. Wolfwalkers è una continua scoperta di invenzioni visive e racconto appassionato
Wolfwalkers - Il popolo dei lupi ha il medesimo spunto di Brave e alcune idee di character design in comune. Racconta di una bambina che non vuole far quello che è previsto per le bambine come lei, vuole cacciare come il padre, disobbedendo entra in contatto con un mondo animale, quello dei lupi, che nella sua società è considerato nemico. C’è un’altra bambina (con i capelli rossi liberi e selvaggi) e c’è un incantesimo che la metterà così a contatto con l’altro da dover rivedere il rapporto con la sua famiglia.
Sono solo le premesse però, il resto del film è molto diverso e, tocca dirlo, decisamente più riuscito di Brave. Wolfwalkers è uno dei lungometraggi più semplici e al tempo stesso più potenti dell’anno, una conquista non solo narrativa ma soprattutto visiva.
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Sebbene potrebbe sembrare una rinarrazione di Dragon Trainer, con una generazione più giovane che vuole cambiare il mondo perché andando oltre la paura degli adulti ha scoperto qualcosa che loro non sanno, cioè che l’altro non deve essere per forza essere un nemico, Cartoon saloon ha altre motivazioni. Questo studio irlandese e regista del film Tomm Moore (irlandese anch’esso) mostra non a caso una partecipazione eccezionale all’intreccio di un padre e una figlia da lati opposti di una guerra tra simili, una guerra che ha anche ragioni religiose. E così a differenza di altri film simili Wolfwalkers non ha paura dei sentimenti più duri, del dramma e della grande tristezza.