Wolfman - La recensione

Tornato dopo diversi anni alla residenza del padre, un uomo deve fronteggiare lo sconvolgente mistero legato alla morte del fratello. Dopo i tanti ritardi subiti, una pellicola non così brutta come si poteva temere...

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Recensione a cura di ColinMckenzie

TitoloWolfmanRegiaJoe Johnston
Cast
Benicio Del Toro, Emily Blunt, Anthony Hopkins,    Hugo Weaving, Geraldine Chaplin, Elizabeth Croftuscita19 febbraio 2010La scheda del film

A forza di aspettare il peggio, è abbastanza normale poi vedere il bicchiere, se non mezzo, almeno un quarto pieno. E' il caso di Wolfman, che ormai stava diventando il film più massacrato del 2010 solo per il fatto... che sarebbe dovuto uscire nel 2009. Allora, partiamo subito dalla notizia positiva: Wolfman non sarà certo un bel film, ma non è il disastro annunciato.

Intanto, pur con tantissimi difetti, va detto che Joe Johnston ha il merito di aver dato vita a un film sinceramente classico, senza volerlo trasformare in un action movie videoclipparo, con l'intenzione magari di rendere patinata e 'cool' una vicenda tradizionale che ha fatto la storia dell'horror, magari puntando su un pubblico di giovanissimi. Insomma, Wolfman non infanga la tradizione che abbiamo amato grazie a icone come Lon Chaney jr.

Peccato che la pellicola abbia come tallone d'achille forse quello che doveva essere l'elemento fondamentale, ossia il protagonista. Dire che Benicio Del Toro sia fuori parte e poco convinto del lavoro svolto sarebbe un pietoso eufemismo. E' difficile, in questo senso, dire se sia più colpa dell'interprete (che soprattutto nella prima parte si lascia andare a tante smorfiette che sarebbero state accettabili solo in un film molto più camp di questo) o del regista che lo ha diretto, ma l'unica certezza è che questa defaillance non consente al pubblico di provare emozioni vere per la sventurata vittima di questa maledizione.

Spostando l'attenzione sugli altri, certamente con Anthony Hopkins si migliora, anche se non si capisce bene perché tenda a gigioneggiare così tanto e a portare avanti alcune azioni poco convincenti. A questo punto, preferisco l'istrionismo di Hugo Weaving, che a mio avviso funziona molto meglio. Ma chi sorprende decisamente in positivo è Emily Blunt, che nonostante un ruolo piuttosto superficiale e stereotipato, diventa quasi il pilastro di tutta la pellicola. L'impressione è che, se è in grado di emergere in prodotti mediocri del genere, il suo futuro sarà inevitabilmente radioso.

Per il resto, la trama non brilla per originalità e la svolta del film (quantomeno, l'identità del 'cattivo') è comprensibile dopo dieci minuti. Temevo peggio per quanto riguarda la trasformazione digitale, che invece funziona discretamente. Certo, un classicista come me preferirà sempre il Rick Baker di Un lupo mannaro americano a Londra rispetto alla sua prova in questo ambito (che comunque si limita al makeup e non certo al digitale), ma ultimamente ho visto talmente tante pacchianate da essere decisamente più indulgente.

Insomma, un prodotto sicuramente migliore di quanto si vociferasse, anche se certo con poche frecce al suo arco che possano invogliare il grande pubblico a scoprirlo in sala. Giudicate voi come vedere il bicchiere e quanto è pieno/vuoto...

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