Windbound, la fusione di The Legend of Zelda: Wind Waker con Oceania | Recensione

L’influenza dei rogue-like, si fonde alla perfezione con meccaniche da autentico survival, vero cuore pulsante del gameplay di Windbound

Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".


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Windbound, la fusione di The Legend of Zelda: Wind Waker con Oceania | Recensione

La protagonista di Windbound non è Vaiana, né dovrà esplorare da cima a fondo un’Hyrule (quasi) completamente sommersa dall’oceano, ma è innegabile che il gioco sviluppato da 5 Lives Studios inneschi inevitabili reminiscenze in buona parte dell’utenza, magari ancora memori delle emozioni provate con Rime, altra innegabile fonte d’ispirazione.

Nonostante le premesse, nonostante si possa persino parlare di opera per certi versi derivativa e poco originale, Windbound ha carattere da vendere, non fosse altro per un comparto artistico perfettamente in grado di emozionare e suggestionare il videogiocatore, alle prese con un ammaliante ed affascinante setting in pieno stile hawaiano.

La protagonista di questa avventura, difatti, nell’incipit viene sbalzata dalla sua piccola imbarcazione dalla rocambolesca apparizione di un mostro marino, separandola così dal resto della flotta della sua tribù. Risvegliatasi sulla spiaggia di una delle tante isole che compongono un arcipelago, il primo di molti altri che dovrete esplorare, dovrà cercare la via di casa riattivando, di volta in volta, alcune torri sparse in una mappa che si creerà proceduralmente all’avvio di ogni partita.

[caption id="attachment_216844" align="aligncenter" width="1000"] Potrete decidere se costruire una nave fragile, ma velocissima, o se dare vita ad ammiraglia inaffondabile, ma molto lenta[/caption]

L’influenza dei rogue-like, tanto più impattante se si seleziona la difficoltà che ad ogni game over vi costringerà sostanzialmente a ricominciare da zero l’epopea, si fonde alla perfezione con meccaniche da autentico survival, vero cuore pulsante del gameplay di Windbound.

Equipaggiati di un coltello, dovrete esplorare il piccolo atollo per iniziare a recuperare risorse, utili per costruire corde, contenitori, una canoa di fortuna con cui dirigersi all’isola più vicina. A mano a mano che si recuperano nuove materie prime, l’elenco di oggetti costruibili si amplia, rendendo necessaria la creazione di strumenti sempre più raffinati e complessi.

Non si raggiunge il livello di complessità di Minecraft, ovviamente, ma il meccanismo di ricerca dei materiali, costruzione ed ennesima ricerca è esattamente il medesimo.

Non bisogna poi dimenticare di sfamare regolarmente l’avatar, ulteriore complicazione che vi porterà a scontrarvi con la fauna locale. Un bestiario non particolarmente variegato, oltre ad un’I.A. fin troppo rudimentale, concorrono a rendere le fasi di caccia scialbe e poco adrenaliniche, nonostante sia fondamentale restare sempre concentrati, dal momento che un’incornata o anche un singolo morso, possono compromettere pesantemente il proseguo della partita.

Windbound offre il meglio di sé mentre si naviga verso l’orizzonte e il cielo mostra i colori più belli al tramonto, mentre si esplorano le antiche rovine di una civiltà senza nome, quando finalmente si riesce a dotare la propria imbarcazione di una vela ancora più alta, con cui raggiungere velocità ancora maggiori.

Proprio la navigazione rappresenta un altro punto di forza della produzione. Non essendoci la bacchetta di Link, utile per cambiare velocemente la direzione del vento, bisogna imparare a sfruttare ogni corrente tracciando precise traiettorie, modificando all’occorrenza la rotta, non lesinando sull’utilizzo dei remi in particolari situazioni.

Purtroppo le quindici ore necessarie per completare l’avventura, non sono impreziosite da una trama degna degli splendidi panorami in cui ci si imbatte spesso e volentieri. Nonostante premesse misteriose al punto giusto, la sceneggiatura non evolve praticamente mai, limitandosi ad una conclusione di per sé frettolosa e poco ispirata. Se ci si appassiona all’epopea di Kara, insomma, lo si deve al desiderio di raggiungere il successivo arcipelago, piuttosto che per la curiosità di vedere come va a finire.

[caption id="attachment_216843" align="aligncenter" width="1000"] Coltello, lance, arco. Nel corso dell’avventura il vostro arsenale si amplierà notevolmente[/caption]

Non mancano poi alcuni bug e glitch che in certe occasioni rendono difficile esplorare lo scenario o raggiungere una location quando si tratta di compiere qualche salto tra una piattaforma e l’altra.

Windbound, in definitiva, è un survival bellissimo da vedere, con un concept certamente riciclato, ma in grado di mantenere alto l’interesse del videogiocatore, non fosse altro per la durata assolutamente ben calibrata rispetto alla varietà e alla profondità del gameplay proposto.

Nonostante combattimenti tutt’altro che ispirati, la progressione con cui potrete costruire nuovi oggetti vi incentiverà a proseguire nell’esplorazione, curiosi, tra l’altro, di imbattervi in nuovi panorami mozzafiato.

C’è sicuramente di meglio, ma questo ideale punto d’incontro tra The Legend of Zelda: The Wind Waker e Oceania intratterrà a dovere gli amanti del genere, incuriosendo chiunque non vede l’ora di dare a quest’estate una vita extra, con un’avventura digitale ambientata in un paradiso tropicale.

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