Who Is America? 1x03, la recensione

Nel terzo episodio di Who Is America? l'incontro tra Sacha Baron Cohen con Roy Moore

Critico e giornalista cinematografico


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Una delle molte possibili metafore di Who Is America? è quella delle conversazioni online.

Alzando artificiosamente la posta dei suoi incontri, delle sue interviste e delle sue scenette, Sacha Baron Cohen è come se proponesse una versione reale di come funzionano le polarizzazioni in rete.

Mentendo con un travestimento addosso, sia quando esaspera lo stereotipo del democratico, sia quando propugna idee guerrafondaie, sia quando ricalca il complottismo all’americana, Sacha Baron Cohen spinge all’estremo ogni interazione, la sottrae al reame della vera dialettica (cioè la mediazione tra due punti di vista) e la posiziona nel territorio delle urla anche se non si urla. È quello che ha sempre fatto con Ali G, Borat e Bruno, cercare di proporre un esempio estremo e vedere come reagiscono le persone, ma qui è tutto esplicitamente orientato alla conversazione, all’intervista e al “confronto” delle idee.

Il terzo episodio è composto solo da interventi di Erran Morad e Dr. Nira Cain-N'Degeocello, le due maschere più esposte di Who is America?, e stavolta i segmenti del colonnello Morad sono effettivamente delle candid camera.

Morad intervista il senatore repubblicano Roy Moore, accusato ripetutamente di scandali sessuali e sesso con minorenni, ma invece di lavorare di dialettica come aveva fatto con Dick Cheney, qui Sacha Baron Cohen ha una gag pronta che deve portare a termine, noncurante della reazione dell’interessato. Per questo forse è un segmento meno forte del solito.

In possesso di un fittizio strumento del Mossad che rileva un certo enzima prodotto in quantità sovrabbondanti dai maniaci sessuali e dai pervertiti, Morad intervista il senatore con le solite domande tendenziose e poi, spiegatogli il funzionamento dell’oggetto, mostra che nessuno dei due è un maniaco, prima lo prova su di sé senza risultati e poi quando lo prova sul senatore questo suona. Lo testerà sui tecnici che riprendono l’intervista senza esiti e poi di nuovo sul senatore con relativo suono creando l’ovvio imbarazzo. E proprio in quella sensazione insostenibile di essere di fronte a qualcosa che scatena vergogna prospera l’umorismo della scena. Ma di più non c’è, è una gogna mediatica su misura, non diversa da quella che avrebbero potuto organizzare Le Iene.

Invece la seconda candid camera del colonnello Morad è più centrata, è la vera e propria creazione di una scena assurda.

Per combattere i messicani il colonnello trova tre sostenitori di Trump, li addestra contro i messicani (svelando i loro pregiudizi e le assurdità che ritengono essere vere sui messicani) e poi organizza una vera missione, cioè una Quinceañera (festa rituale per il 15esimo compleanno delle ragazze messicane, momento in cui diventano donne). La parte più stupefacente è come Baron Cohen abbia convinto due di questi tre sostenitori di Trump a vestirsi uno da 15enne messicana (per attirare gli stupratori messicani) e l’altro ad entrare dentro una pignatta per riprendere tutto. La situazione è effettivamente assurda. Non bastasse la luce negli occhi di questi uomini quando Morad gli spiega l’idea, come se pensassero “Quest’uomo è un genio!”, c’è il senso profondo di ignoranza e pregiudizio che emerge in un contesto in cui le persone si sentono libere di parlare. Accade così che un uomo di 50 anni vestito da ragazzina e un altro in una pignatta aspettino che dei messicani si presentino solo perché hanno affisso un cartello che promette “ragazze giovani e droga”. Con grande trovata arriverà invece la polizia, chiamata chiaramente dalla redazione del programma (ogni buono scherzo si distingue non tanto dagli esiti quanto dalla concezione, deve essere divertente prima ancora di accadere), con conseguente messa in ridicolo del tutto.

La parte dialettica della puntata stavolta la fa il Dr. Nira Cain-N'Degeocello. Con il pretesto di un’intervista ad un rapper e un ex legislatore dello stato della Carolina del Sud, esibisce una serie di ignoranze e provocazioni al limite dell’assurdo (chiama Will Smith un gangsta rapper, poi afferma di aver fatto sesso con un uomo pur non essendo gay), punti di vista radicali (e paradossali) che scatenano reazioni radicali, annullando qualsiasi possibile vera discussione ed esponendo la vera natura del pensiero e del sentire degli interlocutori. Di fatto così Baron Cohen abbatte il loro desiderio di costruire una discussione civile e ne svela il lato animale. Per l’appunto il problema principale con le conversazioni online, l’impossibilità di trovare una mediazione. Non lo aggrediranno ma uno dei due non vorrà stargli vicino una volta saputo che ha avuto rapporti omosessuali.

Nel segmento finale invece prenderà parte ad una rap battle, non solo non sapendo rappare ma anche non riuscendo a dire nulla di realmente offensivo, visto che il suo stereotipo è quello della persona troppo politicamente corretta. L’obiettivo è scatenare negli astanti un senso quasi di offesa dovuto alla sua incapacità, eppure alla fine in un momento incredibile, Dr. Nira Cain-N'Degeocello si scuserà con tutti per avere un pene enorme e si dirà imbarazzato dal fatto di averlo più grande di tutti in quella stanza, e lo farà usando un vocabolario molto forbito, cosa che senza nessun preavviso scatena una furiosa (ed esilarante) approvazione esaltata di tutti.

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