Who is America? 1x02, la recensione
La nostra recensione del secondo episodio di Who Is America?, la nuova serie di Sacha Baron Cohen
La seconda puntata di Who Is America conferma che il cuore del programma è il colonnello Erran Morad, il personaggio dell’agente dell’antiterrorismo israeliano, la maschera più bieca tra quelle interpretate dal comico nelle sue interviste (vere) su temi (finti). È lui quello che invece di proporre alle controparti qualcosa che rifiutino, li imbocca con una dose eccessiva di quello che desiderano sentirsi dire. Cosa sia l’America Baron Cohen lo vuole svelare non per contrasto ma per assonanza.
Tutto è infantilmente improntato sul pene ma mostra bene come ci sia una sorta di follia intorno al tema della guerra e del terrorismo.
Il tema portante della puntata sembra essere stato la mancanza di agenti e uffici stampa degli intervistati. Come sia stato possibile che Dick Cheney autografasse un kit per water boarding o che abbia accettato di raccontare “Quale delle guerre che ha fatto partire è la sua preferita”?
Ma anche un altro segmento che introduce un nuovo personaggio, Gio Monaldo, un miliardario e fotografo italiano con un programma su Canale 5 (di cui vediamo la sigla in italiano proprio), intervistare una star di The Bachelor, Corinne Olympios, e convincerla, per il bene delle foto e dell’intervista, a fingere di essere stata in Africa dai malati di Ebola, alzando l’asticella delle menzogne dette sul suo soggiorno durante l’intervista.
Corinne Olympios farà anche pubblicità per un programma che consente di adottare bambini soldato, pagando per il loro allenamento che li renda soldati migliori. Anche qui, come è possibile che non ci sia stato nessuno a fermare tutto, che nessuno abbia seguito questa fuoriuscita di un personaggio televisivo che vive di immagine e pubbliche relazioni? La mancanza di minaccia percepita, il fatto che gli intervistati ritengano di essere in un territorio a loro familiare, è probabilmente la chiave.
È chiaro che è questo il regno in cui prospera il programma e in cui si incunea Sacha Baron Cohen: nel desiderio di apparire di certi talent, nel desiderio di essere rilevanti, spingendo alle estreme conseguenze ciò che sono disposti a fare e dire senza controllare fonti o veridicità di ciò che gli viene detto.
Gli altri due segmenti non avranno a che vedere con questo e saranno un po’ più mosci. Prima c’è il tributo ai democratici, il momento in cui Billy Wayne Ruddick Jr., il debunker repubblicano pro-Trump cerca di convincere un democratico Ted Koppel che all’inaugurazione della presidenza Trump c’era più gente che a quella di Obama con foto photoshoppate malissimo, e poi il liberal Dr. Nira Cain-N'Degeocello che viaggia in Arizona e raduna un comitato di abitanti del paesino di Kingman per proporre loro la costruzione della più grande moschea del mondo. La reazione dei locali sarà furiosa e ben riassumibile nella frase di uno di loro “Adesso ho capito perché per venire qui avete insistito che le armi non erano benvenute”.
Ma si tratta di momenti più ordinari, provocatori e più ascrivibili alla semplice candid camera in cui qualcosa di irricevibile viene somministrato a chi è chiaro che non lo tollererà. Più sottile è invece Sacha Baron Cohen quando imbocca l’intervistato con una dose eccessiva proprio di quello che vorrebbe ricevere.