Where the Water Tastes Like Wine, la voce dell'America più profonda - Recensione

Un viaggio alla ricerca di racconti: la recensione di Where the Water Tastes Like Wine

Un giorno troverò qualcosa di interessante da scrivere qui dentro.


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Se fosse un libro Where the Water Tastes Like Wine sarebbe Strade blu, di William Least Heat-Moon. Nell'opera letteraria biografica del 1982 l'autore, dopo aver perso il lavoro ed essersi separato, decide di intraprendere un vaggio attraverso l'America, percorrendo solo strade secondarie, quelle che nelle vecchie cartine erano colorate, appunto, in blu. E quel viaggio lo porta ovviamente in vari luoghi, ma soprattutto a contatto con un'America profonda, la provincia, il vero cuore del continente, quella che a chi ha voglia di ascoltare può raccontare innumerevoli storie: ecco, nel libro, come nel videogioco, il viaggio è quasi un espediente, quanto più conta sono le storie.

In Where the Water Tastes Like Wine è ovviamente diverso il motivo per il quale ci si mette in viaggio, e quel motivo evidenza fin da subito il surreale del quale il videogioco sviluppato da Dim Bulb Games e Serenity Forge è intriso: una partita di poker persa costringe un misterioso viandante a mettersi in viaggio, alla ricerca di storie da raccontare al vincitore, colui che da quel momento ne controlla la vita, un inquietante uomo lupo. E a quello che scopriamo essere uno scheletro con il classico fagotto legato ad un bastone si apre un'America sconfinata, pronta per essere scoperta, partendo dal Maine, lo stato nel quale si inizia l'avventura e finendo chissà dove, passando per chissà quali posti, perché al viaggiatore viene data totale libertà nello spostarsi da un luogo all'altro.

[caption id="attachment_182488" align="aligncenter" width="1920"]Where the Water Tastes Like Wine screenshot Lo stile grafico adottato per la fase esplorativa è minimale, e non di grande impatto[/caption]

Più che di un viaggio si tratta di un vagabondaggio, d'altronde lo scheletrico viandante è chiaramente un hobo, le icone presenti sulla mappa, che indicano luoghi nei quali raccogliere storie, tirare su due soldi, riposare e altro ancora, non dettano la progressione, la stimolano, e ogni volta che se ne sceglie una al posto di un'altra si appunta mentalmente quella scartata, perché c'è voglia di scoprire cosa nasconda, quali personaggi vi si incontreranno, quale vicenda sia pronta a raccontare. Quella mappa così vasta ma anche così piena di storie da raccogliere coinvolge il giocatore a livello emotivo: a volte gli basta anche solo camminare lentamente, accompagnato dai brani di una colonna sonora eccellente, che sa di country, folk e blues, di chitarre e steel guitar, poi preso dalla curiosità eccolo svoltare verso un luogo che gli ispira qualcosa; può persino entrare nelle grandi città, perché da quei luoghi rimane all'inizio affascinato, poi non vede l'ora di rimettersi in viaggio, verso la dimensione ideale della provincia: proprio come un vagabondo.

"è solo il vento a far risuonare le bottiglie appese sui rami di un albero, o sono gli spiriti? La risposta, per colui che, fagotto in spalla, attraversa un continente per scovare racconti, è in realtà chiara"Where the Water Tastes Like Wine non è di facile fruizione per il giocatore comune. Ha i suoi ritmi, lenti, come la camminata del vagabondo, ludicamente è quasi nullo, soffre persino di alcuni problemi tecnici, nonostante nonostante l'estrema semplicità della sua tecnica, tra occasionali rallentamenti e una telecamera che si comporta bizzarramente. È però quasi impossibile sfuggirgli, nel momento in cui si inizia ad ascoltare le mille storie che racconta, e il merito è di una scrittura di rara bellezza, perfettamente misurata al contesto videoludico (le storie sono abbastanza lunghe da rimanere impresse, non abbastanza da stufare nel doverle leggere e ascoltare). Ogni racconto è stimolante, per un motivo o un altro: vicende tragiche, tristi, gioiose, allegre, persino soprannaturali, si nascondono negli angoli dell'America della Grande Depressione, ma del realismo, della verosimiglianza, della veridicità non importa niente a nessuno, sia perché l'onnipresente surrealismo affascina molto di più, sia perché l'opera si interroga costantemente su dove risieda il valore di una storia: appassiona di più una totalmente vera, ma banale, o una che lo sia solo parzialmente, ma più stimolante? È solo il vento a far risuonare le bottiglie appese sui rami di un albero, o sono gli spiriti? La risposta, per colui che, fagotto in spalla, attraversa un continente per scovare racconti, è in realtà chiara.

[caption id="attachment_182489" align="aligncenter" width="1920"]Where the Water Tastes Like Wine screenshot Alcuni eventi sono decisamente surreali[/caption]

C'è un meccanismo di progressione, in Where the Water Tastes Like Wine, raccogliere storie per raccontarle a vari personaggi (doppiati ottimamente, così come il narratore) che si spostano in giro per l'America e che ogni volta ne chiedono di nuove, riguardo diversi temi, ed è il modo attraverso il quale il gioco, mano a mano, si completa, quel piccolo tocco ludico che dà uno scopo al giocatore. Ma non è quello che conta. Quello che conta è vagabondare, ascoltare, godere della varietà e della bellezza dei racconti, dell'umanità che li esprime, e anche del mistero. È la voce della provincia quella che si ascolta, ancestrale e saggia, superstiziosa e genuina, che parla di comunità e tradizione, è la voce di un mondo che nel gioco e nella realtà è ancora capace di parlare a chi abbia orecchie per ascoltare.

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