Wham!, la recensione
Wham! è un documentario pieno di musica, di aneddoti, di immagini. Di “curiosità” ce ne sono poche: è poco approfondito su temi specifici, ma decisamente esauriente sui fatti e sulla cronologia storica degli Wham!. Un buon punto d'accesso per chi magari vorrà in seguito approfondire.
La recensione di Wham!, disponibile su Netflix dal 5 luglio
Questi si potrebbero dire essere i fatti, ma in realtà è più che altro la tesi (con cui si può concordare o meno) che porta avanti Wham!, il documentario diretto da Chris Smith. Utilizzando esclusivamente video d’archivio uniti a immagini tratte da album di ritagli realizzati dalla madre di Michael lungo tutta la carriera del duo (non ci sono teste parlanti, solo voice over di Michael e Ridgley), Wham! arriva alla conclusione celebrativa sopracitata senza dare chissà quali prove, o senza raccontare molto il contesto. Questa è un po’ la pecca, dato il focus del documentario: offre un’ affermazione a cui ci si sente di dover dare ragione, ma perché ci ha persuaso per tutto il tempo della sua idea senza argomentarla troppo o creare forze narrative antagoniste.
C’è però un’altra cosa che Wham! racconta, ed è la più interessante. È un tema che viene fuori piano piano, come è stato nella realtà e così è per questo racconto: il talento dannato di George Michael, il fatto che abbia nascosto a lungo la sua omosessualità, e quanto l’avere Andrew sia stato cruciale per diventare la star che è poi stata. L’idea che, sostanzialmente, senza gli Wham! E senza il sostegno di Ridgley, George Michael non sarebbe mai diventato George Michael.
Wham! è un documentario pieno di musica, di aneddoti, di immagini. Di “curiosità” ce ne sono poche: è poco approfondito su temi specifici, ma decisamente esauriente sui fatti e sulla cronologia storica degli Wham!. Un buon punto d'accesso per chi magari vorrà in seguito approfondire.
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