Wet Hot American Summer - Ten Years Later: la recensione

La serie Wet Hot American Summer torna su Netflix con una nuova avventura comica al campeggio Firewood: solito cast molto nutrito e situazioni assurde

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Riassunto delle puntate precedenti: nel 2001 esce Wet Hot American Summer, diretto da David Wain. Ambientata nel 1981, questa parodia delle commedie adolescenziali, sfortunata al botteghino, diventa negli anni successivi un piccolo cult, sostenuta anche dalla fortuna di molti tra i giovani comedian che apparivano nel film. Nel 2015 arriva su Netflix la serie Wet Hot American Summer: First Day of Camp, prequel del film in otto episodi. Stesso cast, o quasi, con l'aggiunta per l'occasione di alcune guest star importanti. Wet Hot American Summer: Ten Years Later (il titolo dice tutto) è l'ultimo arrivato in questa strana serie che riunisce ancora una volta il gruppo storico, con le solite aggiunte e qualche defezione.

Tanto per dare la cifra stilistica della serie in questione, un esempio. La stagione si apre con un flashback in cui il gruppo si trova al campeggio. Il personaggio interpretato da Bradley Cooper, di nome Ben, ha l'idea di ritrovarsi tutti esattamente dieci anni dopo per una rimpatriata. Già la cosa di per sé non avrebbe senso, ma nel momento in cui rivediamo Ben dieci anni dopo scopriamo subito il recasting con Adam Scott. La cosa viene liquidata molto velocemente con Ben che chiede al suo compagno se pensa che gli altri noteranno la sua operazione al naso. Wet Hot American Summer, con la sua comicità, il suo stile, il suo approccio, è tutto qui.

Ancora una volta i creatori e autori Michael Showalter e David Wain abbracciano con consapevolezza l'idea di un microcosmo che ha le dimensioni di un campeggio, ma che può estendersi in ogni direzione narrativa. Poco di sorprendente rispetto alla scorsa stagione, dato che questo Wet Hot American Summer si limiterà a ripercorrere schemi e soluzioni già visti, per quanto assurdi. Ancora una volta la presidenza degli Stati Uniti avrà una sua importanza e, dato che “more of the same” rimane un suggerimento sempre valido, stavolta i presidenti da sconfiggere saranno due (forse tre).

In realtà questa terza incarnazione della serie si rivela anche come la più debole. Non per una sorta di tradimento del materiale originale o di quello “spirito di Firewood” che viene evocato molto spesso dai protagonisti. Il senso del grottesco e dell'assurdo tuttavia finiscono per essere incamerati e normalizzati da una narrazione che funziona per gag estemporanee nel momento in cui nulla nell'intreccio va oltre il già visto o il sinceramente avvincente. C'è il personaggio che vuole perdere la verginità, quello che entra in contrasto con una versione di sé più giovane, quello che deve scegliere tra la propria ragazza e la vecchia cotta mai dimenticata. Quando non si fa più caso a un barattolo di latta parlante, forse è il segno che la formula inizia a mostrare la corda. Esiste probabilmente un cuore e un senso di nostalgia maturato in un progetto che ormai esiste da parecchi anni, ma questi otto episodi poco o nulla aggiungono a quella mitologia.

Dove Wet Hot American Summer: Ten Years Later trova riscatto è in alcuni piccoli momenti particolarmente riusciti. Alyssa Milano è la migliore new entry della stagione. Anche qui, la sua sottotrama – sarebbe una presunta tata psicopatica – non offre nulla di originale, ma c'è un piacevole dark humour in sottofondo. Il cast rimane nutrito ed è sicuramente qui che si può rintracciare il vero “spirito di Firewood”: Elizabeth Banks, Amy Poehler, Chris Pine, Jason Schwartzman, Janeane Garofalo, Molly Shannon, Christopher Meloni, Paul Rudd e molti altri talenti. Il finale ci lascia con un senso di conclusione del progetto, che forse terminerà qui o forse tornerà un giorno, magari riuscendo finalmente a far interpretare ai suoi attori personaggi che hanno la loro stessa età.

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